In stupid white man, Michael Moore tratteggia un esilarante profilo dell’uomo bianco che si atteggia da nero, parla da nero (yo/bro/da/mutafuckka/etc), canta da nero (Beastie Boys) e via stupideggiando. È un bel paradosso considerando che Michael Jackson sta tentando di candeggiarsi con i risultati che sapete. La domanda è: ma a noi cosa? Giusto, arrivo al punto. Il discorso è questo: noi vogliamo essere quello che non siamo o per meglio dire vogliamo avere quello che il nostro vicino ha. L’erba verde etc, proprio quello. Esempio: questa bici qui sotto, una Igleheart
fatta con il sudore della fronte e probabilmente ascoltando i Minor Threat in qualche suburbia di Boston, ecco, questa bici è bellissima. Senso del gusto, dettagli, parafanghi battuti, singlespeed, combinazione cromatica, tetto apribile e vetri elettrici. Quello che mi domando è: mi piace perché bella o mi piace perché non è italiana? Se la domanda sembra stupida è perché lo è. Ma seguitemi se potete. Se vado su fyxomatosis e trovo telai italiani degli anni settanta e cambio campagnolo, che per inciso ha presentato il pacco pignoni ad undici velocità, anche quelli mi sembrano belli. Ma??? Secondo voi, gli Stati Uniti sono diventati quello che l’Italia era un tempo? Da un libro che ho letto qualche giorno fa (Talento da svendere di Irene Tinagli, ricercatrice italiana alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh) sembra che l’Italia abbia perso il suo potere di creare. La leggendaria fantasia italiana dov’è? Dove sono le piccole start-up che con coraggio e determinazione portano sul mercato il sogno di pochi magari destinato a diventare il prodotto di molti? Siamo in declino? C’è speranza? Mi devo trasferire a san Francisco? (non credo, al limite a Vancouver). Sono un po’ preoccupato di questa latitanza creativa e non so valutare se: a) dipende da mio preconcetto: b) esiste e preoccupa. Voi cosa ne pensate? Conoscete piccole aziende che innovano? Se si, la mail la sapete ed aspettiamo vostre notizie. Buon fine settimana.
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