giovedì 29 aprile 2010

Propaganda ciclocentrica

L'azione di propaganda ciclocentrica continua...
Ci vediamo al Bike Festival di Riva del Garda.

In Motu Gratia

IN MOTU GRATIA - teaser from Lab 80 film on Vimeo.

venerdì 30 aprile 2010, ore 21,00
Bergamo, Auditorium di Piazza Libertà
una produzione Lab 80 film - Pedalopolis - Laboratorio Gattoquadrato

In Motu Gratia
di Andrea Zanoli

con Zio Dennis, Roberto, Stefano, Lucia, Paola,
Kshan, Mouad, Asghar, Spice Girls
e tutti i partecipanti alle prime Grazielliadi.

In una città del nord Italia, un gruppo di amici organizza la prima Olimpiade Mondiale della Graziella (Grazielliadi), la celebre bicicletta pieghevole degli anni ’60. Dalla polvere delle cantine, dai parcheggi abbandonati, eredità arrugginita di nonne e madri, riemerge un pezzo di storia dei pedali. Kshan, di 11 anni, ha ridipinto e fatto rivivere quella di sua nonna. Mouad e Asghar hanno innestato impianto stereo e volante in pelle sulla loro, come fosse una cabriolet di un videoclip hip-hop, mentre Zio Dennis e il “comitato scientifico” testano sul campo le quattro discipline “olimpiche” tra una lucidatura di un parafango e un cambio di gomme nella loro ciclofficina in collina. Un ironico film-monumento al fai-da-te delle due ruote.

Pàlmer, borraccia e via!

Daniele Marchesini – Benito Mazzi – Romano Spada
Pàlmer, borraccia e via!
Storia e leggende della bicicletta e del ciclismo
Edicicloeditore, 2001

Già il sottotitolo ci prepara ad un libro che si muove su due registri lo storico e quello folklorico.
Ma nella premessa gli autori indicano il loro scopo principale: “riportare alla memoria i ricordi, gli aneddoti più curiosi, le vicende più umane: diffondere l’amore per la bicicletta e per una specialità di cui si conoscono quasi tutti i risultati, i record, i protagonisti, ma di cui non si conosce la storia e la cultura; non si conosce ciò che c’è dietro, ciò che i pionieri del ciclismo hanno inteso tramandare a noi posteri ammaliati e attratti solo da ciò che fa sensazione”.
La lunga citazione per dire che nel libro il lettore troverà una storia accurata dell’origine dell’attrezzo dallo schizzo riportato sul retro di un foglio del Codice Atlantico di Leonardo alla fine del 1400 ed erroneamente considerato il primo esempio di bicicletta, ma primo non lo fu (dato che si trattata di un falso-burla databile all’inizio del secolo scorso) ai primi velocipedi. Si racconta l’evoluzione tumultuosa nei primi due decenni del secolo scorso della bicicletta sia dal punto di vista tecnico che da quello di “impatto sociale”: le prime gare a tappe, su tutte il Tour e il Giro d’Italia, i primi velodromi, dove le “fisse” si davano battaglia.
Nel secolo XIX la bicicletta viene vista all’inizo della sua comparsa come un oggetto pericoloso e strano, secondo molti destinato, passata la moda, a scomparire. Così non fu. La bicicletta diventa un fenomeno di costume e contemporaneamente di interesse industriale.
La primogenitura della produzione industriale, ci raccontano gli autori, dei cicli in Italia è da ascrivere al modenese Vellani nel 1867. Modelli che riprendono l’esperienza francese di Michaux costruttore di carrozze poi dedicatosi alla forgiatura dei nuovi velocipedi.
Due lunghi capitoli sono impiegati per raccontare la nascita dell’Unione Velocipedistica Italiana e del Touring Club Ciclistico Italiano, organismo che si fonda con l’obiettivo di tutelare i diritti dei cicloturisti; si perché sul finire dell’800 la bicicletta era un mezzo di locomozione alternativo alle gambe. Al tempo non ne esistevano altri di facilemente accessibili a tutti!
Il libro si chiude con un lunghissimo capitolo dal titolo più che esplicativo: “Pagine curiose del Giro d’Italia”.
Potrei dirvene alcune, molte forse già le conoscete, ma trattantosi di curiosità mi guarderò bene dal privarvi del piacere di leggerle di persona.
Il libro è corredato da un motevole apparato iconografico che guida il lettore del terzo millennio ad immergersi in un mondo ormai scomparso. Tutte le foto sono ovviamente in bianco e nero sgranate e storicamente “sporche” come il volto di Fiorenzo Magni sfigurato dalla fatica, con le mani saldamente artigliate al manubrio, la bocca aperta ad ingollare litri di prezioso ossigeno, il tubolare attorcigliato sulle spalle lo sguardo appena si intuisce, quasi cancellato al nero dell’ombra prodotta dalle arcate sopraciliari: siamo nel mito.
Il libro si chiude con una preziosissima bibliografia che farà la gioia dei lettori bibliofili.
Una lettura consigliatissima a tutti i cicloamatori che sono curiosi di sapere da dove nasce la travolgente ascesa della bicicletta che ancora oggi muove per diletto o necessità milioni di persone nel mondo.

Contributo e recensione di Emanuele Bruno Gandolfo

lunedì 26 aprile 2010

Merlin Newsboy

Si tratta forse della più celebre reinterpretazione sul tema cruiser? La produzione fu limitata a pochi esemplari, prima per cantilever e poi per impianto frenante a disco. Merlin per il nome si ispirò alla tipica figura americana dei newspaper boys. L'intenzione della casa non era limitata al semplice esercizio di stile, ma la bici fù proposta come una race bike con un look che traeva ispirazione dal repertorio classico; un'ulteriore conferma di come la geometria cruiser probabilmente era e continua ad essere efficace.
Merlin Newsboy (foto alta definzione)
Photogallery
collezione privata Bike O'Clock
fotografie di luca-orlandini.com

mercoledì 21 aprile 2010

tornaacasa

Appostati alle loro poltrone televisionate, intenti all'aperitivo nel localino trendiassai... orario di mezzo, ott'emmezza post meridiam, stanchezza latente dopo una giornata di lavoro. Io scendo in garage, monto sulla sutra e vago vagheggio per la mia città. Non è più l'aria tagliente di qualche sera fà, e come dice la mia piccola principessa, "rotola rotola la bici del babbone"...ma dice anche, "BASTA BICI BABBO!" Amore mio, cosa c'è di meglio di una pedalata serale, a guardarsi intorno, sogghigno godereccio il mio sguardo verso le scatole a 4 ruote, novello don Chisciotte de la route, giocare con le, quantenesono? rotonde. Rotondopoli Furlè, è tuttavia tranquilla nell'aperitivissimo orario. La mia invece è una pedalata digestiva, piuttosto che un alkaselzer con rutto annesso... Ho scoperto, luci e fuochi fatui insegurimi, ho visto giganteschi gatti nella speranza non facessero gigantesche pipì sulla mia fida acciaiosa. Cos'è il mio, un allenamento forse? Ripetute? Faccio girare le gambe per scaricare l'acido lattico? Macchenesò! E' tornare a casa e sentirmi VIVO...

contributo di fullmonti

martedì 20 aprile 2010

Come al solito

Altro giro, altro regalo. Il caminetto con perlinato e carta da parati. La pineta veloce dove la traiettoria in uscita dalla curva finiva solo dove la gravità non permetteva più di salire in un imperiale wall-ride naturale. Da inghiottire tutto di un fiato. E la cresta ripida che scende accanto ai ruderi del castello di Corniolino, sotto allle nubi di una minacciosa quanto avventurosa piovuta primaverile. Grazie Romagna, come al solito ci incanti.

lunedì 19 aprile 2010

San Diego Custom Bicycle Show 2010

(image courtesy of velocult.com)
San Diego Custom Bicycle Show 2010.
Photo - via velocult.com.

Kona Cadabra - Karim Amour

Scottante come la sabbia sulla quale posa le ruote. E' la Kona Cadabra con il quale Karim "Mr.Love" Amour ha appena vinto la a tappa di Sestri Levante del circuito Superenduro. La superficie abrasiva stile tavola da skate sul manettino del cambio, il timer sul manubrio e mille altri particolari donano alla bici del professionista quel fascino indiscreto al quale non abbiamo saputo resistere...
Kona Cadabra - Karim Amour
primo classificato Superenduro Sestri Levante 18 aprile 2010
(foto alta definizione)
fotografie luca-orlandini.com

giovedì 15 aprile 2010

15th annual BTA Alice awards

(image courtesy of bta4bikes.org)
Each year, the BTA awards the Alice Awards to individuals, businesses, and organizations in Oregon whose work has promoted the use of bicycles and increased the livability of our communities.
Un evento con tanto di nomination che premia l'impegno per la diffusione della bicicletta in Oregon. L'ennesima prova di come questo stato e la zona di Portland siano da considerare come una delle più attente al valore della bicicletta.
more info: bta4bikes.org/alice

mercoledì 14 aprile 2010

Scapin Epta

Il caso, certo... Le storie che mi piacciono di più sono quelle che iniziano nel bel mezzo di un noioso pomeriggio qualunque, quando anche la radio pare trasmetta sempre le stesse canzoni.
"Telai in acciaio? Non ce li chiede più nessuno, e non abbiamo quasi più niente... se non due cose di sopra."
Scapin Epta. Foderi orizzontali asimmetrici, di cui uno realizzato con doppio tubo. Movimento centrale eccentrico.
(foto alta definizione)

lunedì 12 aprile 2010

Evanescente

Le tengo lì. Come una spugna vorrei trattenere in me le visioni della giornata, la luce tagliente del tramonto, quel prato diviso a metà dal sentiero. E poi il cinguettio degli uccelli che accompagna il lento rotolare dei tasselli sulla salita, il vento che muove la lunga erba spumosa. E' ancora tutto palpitante, come la mia fronte che batte sul casco, come i polpastrelli che premono sulle manopole. Immagini e sensazioni. Tengo tutto lì stretto convinto di portalo con me. Ruoto la bicicletta, tolgo le ruote e la ripongo nel portabagagli. Tutto si spegne; d'improvviso non riesco a trattenere in me quelle visioni che defluiscono dalla mie mani come l'acqua corre via da un colino. Rimane solo un'evanescente sensazione che è già desiderio di tornare.

giovedì 8 aprile 2010

mercoledì 7 aprile 2010

Paolo Facchinetti, Tour de France 1903

“Il Tour de France resta il più grande evento mediatico dopo il Mondiale di calcio e le Olimpiadi”.
Con queste parole Facchinetti ci introduce al suo libro sul Tour de France.
Si tratta di un lavoro molto accurato che ci riporta indietro di cento anni ed oltre per raccontarci la nascita della corsa ciclistica a tappe più importante del mondo. Il libro può essere diviso in tre parti. Nella prima l’autore cerca di raccontare il contesto storico-culturale nel quale si inserisce l’evento Tour. Nella seconda parte invece ci viene raccotanta la storia dell’origine e delle motivazioni che spinsero Henri Desgrange ad inventarsi il Grande Ricciolo (Grand Boucle ça va sens dire). Nella terza parte ci vengono raccontate le sei mitiche tappe in modo piuttosto dettagliato.
Il libro si chiude con un’appendine nella quale si danno delle informazioni a chi si sente pronto per provare a ripetere il primo mitico giro sulle stesse strade. La pubblicazione è completata da interessanti tabelle relative a nomi e numeri, dettagliatissimi per quanto rigurda il primo Tour e italianissimi per quanto rigurda le vicende che hanno visto i nostri corridori primeggiare nelle edizioni successive (si perché nella prima di italiani non se ne sono visti anche se Garin era un giovane valdostano naturalizzato francese) fino al 2002.
Lettura molto interessante e ricca di informazioni e notizie che possono rendere felice chi è interessato ad un discorso più generale sul ciclismo e sui suoi significati socio-culturali. Per il 1903 progettare una corsa a tappe che “circumnavigasse” il pentagono transalpino significava anche mettere in campo un’azione dai forti significati sociali e culturali. Non a caso la corsa prende avvio dall’idea di un direttore di giornale, L’Auto-Velo, Desgrange che fiuterà subito l’importanza di mettere in relazione luoghi e culture francesi fra loro distanti e sconosciuti.
Fin da subito la corsa diventa un oggetto mediatico: il giornale racconterà le avventure dei corridori e le vicende umane inserite all’interno dei constesti sociali: per quel tempo la costa mediterranea della Francia, per un parigino, era una terra distante e sconosciuta come l’Africa Nera. La corsa ciclistica fin dalla sua origine diventa un veicolo di trasmissione di un’identità nazionale.
Per il lettore più interessato agli aspetti prettamente tecnici, il libro è corredato da molte foto d’epoca; si scopre così che nel 1903 tutte le biciclette in gara erano singlespeed! Bisognerà attedere il 1911 per vedere un corridore utilizzare il cambio.
E poi ci sono racconti epici. La prima tappa da Parigi a Lione di 467km viene vinta da Garin in 17h45’13’’ il secondo arriva dopo un’ora il trentasettesimo dopo 20h55’: quasi un giorno dopo.
Si parla di biciclette di 12/16kg con un solo freno. Si racconta delle ore notturne pedalate alla luce delle lanterne. Si racconta dei momenti di pausa dove i corridori si fermano a parlare, mangiare bere con il pubblico.
Da subito la corsa sarà corsa di popolo.
Si racconta di un corridore che alla terza tappa non ce la fa più. Prende il treno e si fa portare al primo punto di ristoro utile. Lì lo confortano lo rifocillano e gli docono che non deve ritirarsi che non è eroico. Lui prende la bici pedala indietro fino al punto dove aveva preso il treno e riprende la corsa.
Per la cronaca vince Garin in 94h33’14’’ alla media dei 25,6km/h, secondo Pothier a circa 3h. Partito da Parigi il 1 luglio, il valdostano, vi ritorna vincitore il 18 dopo aver percorso, in sei tappe, 2428 km vincendo 6125FF di premi.
Nell’anno successivo Garin fu sospeso per un anno per comportamenti antisportivi. Pare che si fossero eccitati parecchio gli animi e in certi momenti volavano mazzate come alle Crociate: ma questa è un’altra storia che l’autore solo ci anticipa.

Recensione e contributo di Emanuele Bruno Gandolfo.

Paolo Facchinetti
TOUR DE FRANCE 1903
Ediciclo editore
more info: ediciclo.it

martedì 6 aprile 2010

Lapierre Froggy 918

Diciamo che potrebbero essere due i motivi per i quali vale la pena agitare quadricipiti e neuroni per un'intensa avventura di 6 ore tra i boschi. Il primo di questi, e forse anche quello più rispettabile, è il desiderio di azione che coniuga assieme la dimensione sportiva, ludica e quella che potremmo definire geografica. E poi c'è l'aspetto sicuramente meno nobile del primo ma non per questo minore: il desiderio e l'adorazione verso l'attrezzo sportivo.
E' così che nell'ultima uscita attorno al Monte Montiego, nella zona urbinate dei Montelfeltro, ho diviso la giornata tra le buone sensazioni naturalistico-pedalatorie e le occhiate desiderose che lanciavo verso un'interessante esemplare di Lapierre Froggy 918. Della serie come desiderare una bicicletta che non accetti nessun compromesso quando si tratta di scendere, mantenendo però uno spirito all-mountain quando si tratta di salire. Con molta probabilità un ottimo esempio di bici "unica" per chi ha davvero un grande senso dell'avventura.
Lapierre Froggy 918 (foto alta risoluzione)
more info: lapierre-bikes.co.uk