mercoledì 1 aprile 2009

Deliquenza di provincia e ciclismo nella critica moderna


La deliquenza è mia, il ciclismo anche. Questa è una storia di poco interesse su come la bici si sposi bene al traffico. Non tanto nel senso prevedibile di come aiuti ad evitarlo ma in quell’altro, deliquenziale significato di quanto divertente possa essere. Capisco sia politicamente scorretto. Voglio dire, gareggiare con le machine. In mezzo al casino. Infilarsi tra una e l’altra e superarle. Superare la coda, correndo a manico. Con il casco, Vans e borsa della Chrome che fa tanto san Francisco. Anche se sono a Treviso. È un tipico caso di autosuggestione. Credi di appartenere ad una categoria di persone e come tale ti comporti. Per certi versi, sono un po’ sfigato. Detto questo, l’adrenalina è innegabile. Immaginate: bici con ruote da 26, gomme da un police e mezzo, manubrio da strada e freni e disco. Cuffie sulle orecchie, colonna sonora che va da Fugazi d’annata a seventeen seconds over Tokyo dei Pere Ubu. Sono nella quintessenza della provincia, la provincia alla ennesima potenza. Cioè, sono fuori luogo. Vado e torno al lavoro. Una sorta di travet a-la-page, con bici tecno-classica e iphone. Si, insomma. Una contraddizione semovente. Ma semovente forte. Faccio 40 km al giorno. Venti la mattina, venti la sera. Buona parte è lungo strade poco frequentate. Corrono parallele alle montagne e mi guardo le Dolomiti mentre corro. La sera è stupendo. Esco. Prendo la mia Slingshot con sella Brooks e pedali flat. Un lungo pezzo tra i campi coltivati. Costeggio cave, oltrepasso ville venete e poi l’ebbrezza del centro. Più traffico, più divertimento. Dalla stazione in poi, sempre una massa compatta in movimento. Una sorta di allagamento di metallo. Con qualche buco qui e li. Dove io mi infilo. L’ultimo chilometro sembra una corsa contro il tempo. Sono in piena rush hour. Gli autobus sono strapieni, le strade anche. Corro come se non ci dovesse essere un’altra occasione. Non so se sia lo sfinimento od i passaggi millimetrici. Sta di fatto che lo stordimento provoca euforia. Scatto come se fossi al Tour de Trevisò. Ingaggio una gara con una Q7 a chi arriva primo alla curva. Vince lei ma chissenfrega. Il mio scopo era correre. All’aria. Aperta. Sono a casa. Sconvolto. Sotto. Lo. Strato. Di. Sudore. Mi chiedo: chi me lo fa fare. Mi rispondo. Non tutte le droghe fanno male.

1 commento:

  1. Telaio da xc, forcella rigida da dirt, ruote lisce da 1 pollice e poco più, freni V-brake e single speed.
    Salgo e ogni giorno gareggio con le macchine nel centro di Milano. E vinco. Sempre (o quasi).
    Non posso divertirmi nei boschi e allora gioco nel traffico. Evitare una macchina in movimento è molto più difficile che evitare un albero....

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