giovedì 30 aprile 2009
Fyxomatosis
Sinister Bikes ma in realtà Frank the Welder.
Di Sinister scrivo non tanto per i prodotti - una gamma solida e senza fronzoli - ma perchè ne fa parte Frank the Welder (o per gli acronym-oriented FTW e non, mi raccomando, WTF che significa what the fuck, ok?). La domanda è: chi era Frank the Welder? Lo conosco per un semplice motivo che, visto che chiedete, sarebbe questo. La mia prima mountain bike la compero nel 1989, il primo giro lo faccio con un gruppo legato al negozio Scavezzon. Era un piccolo manipolo di early adopter, con telai tipo SlingShot Boomtube, Boulder Biycles (una delle prime full) ed una stupendissima Yeti Ultimate con pedivelle Bullsey bianche, che anche a distanza di 20 anni mi provocano un attacco di salivazione accentuata. Dicevo? Questa Yeti aveva un attacco manubrio giallo della Answer? della Easton? della Yeti? Non ricordo. Era giallo, di questo sono certo ed oltre al marchio, portava l'acronimo FTW (e non WTF, mi raccomando again). Il mondo poi si evoluto, John Parker ha lasciato la Yeti e Frank the Welder ha seguito altre strade. L'ultima delle quali lo porta a Sinister. Da tutto ciò deduco che questo post ha più a che fare con Amarcord di Fellini che con i telai in alluminio. Ma sono giorni che faccio 40 km al giorno sotto l'acqua, qui nel nord est che produce(va) e questo passa il convento. Amen.
mercoledì 29 aprile 2009
..vado a vedere Ibis
Ieri ho letto su Orme le sensazioni tarantoliane sulla Ibis Mojo SL.
A me questa bici piace. Ma amo ancora di più il marchio. Perchè è il marchio che ha dato il là a DSB. Era il 1993 credo, ho mandato un fax a Scott Nicol dicendogli che volevo vendere Ibis in Italia. Ai tempi io ero "responsabile del credito" (quello che chiede i soldi a chi non paga.....) in Cartiere Pigna. Non mi manda a stendere, anzi. Tre, due, uno... decido parto per Sebastopool e vado a vedere Ibis e poi con loro in macchina andiamo a Mammouth Lake per vedre il team Ibis XC e la mitica Kamikaze.
Non avevo mai viaggiato per il mondo. A Heathrow mi sentivo fuori dal mondo: un aeroporto dove devi prendere il pulman per muoverti al suo interno. Idem Los Angeles. Arrivo a San Francisco prendo un pulman per Orange County e, liberi di non crederlo, l'appuntamento era in un piazzale di un supermercato alle 10 di sera. Ancora oggi mi vengo in mente, seduto sul mio trolley che mi chiedevo: ma arriverà mai ??' "Che cazzo ci faccio qui ????" Sono stato a dormire a casa sua, una casa (per me bellissima) in mezzo alla natura, nel senso che davvero eravamo in mezzo ad un bosco con i rami degli alberi sopra il tetto e che entravano quasi in casa. Qui ho incontrato Skusc, il suo gatto: aveva 17 anni. E' anche il nome che poi anni dopo ho dato al mio gatto.
Ibis ai tempi era vera artigianalità ma zero capacità di fare business. Producevano meno di 1000 telai ed erano in 10 a lavorarci. Il destino era segnato, bastava estrarre la calcolatrice da una tasca (neanche le risorse che negli anni successivi Vittoria mise salvarono Ibis dal fallimento). Ma ai tempi anche io ero un innamorato e quando sei innamorato non ti accorgi mai di nulla.
Parto con Scott ed un suo amico su una di quelle familiari americane lunga 6 metri. 600km di strada in macchina con due che per tutto il viaggio continuavano a scoreggiare, poi aprivano i vetri e mi dicevano: "sorry". Affanculo pensavo.
A Mammouth sono ospite del team. Un appartamento 8 posti letto: eravamo in 25. Io dormivo in cucina sotto il tavolo. Nel Frigo tutto quello che c'era dentro aveva i pos-it con i nomi dei proprietari del cibo. Mi ricordo la prima telefonata a casa (ai tempi magari non lo ricordiamo ma i cellulari non esistevano): piangevo e dicevo ma che cosa ci sono venuto a fare qui... Poi mi sono piano piano abituato.
Esisteva un'area espositiva che ai tempi rivaleggiva con le fiere di settore. Potevi veramente vedere i marchi cult come Fat Chance, Ringlè, Grafton, Yeti (la Yeti di Parker)... l'anodizzato e il CNC comandavano nel mercato. Pensare ad una bici tutta Shimano o Suntour era da "sfigati". Qui mi imbatto in una sella in Kevlar Blue. Amore a prima vista. Gli chiedo se ha qualcuno che la vende in Italia. Jerome mi risponde di no e che sarebbe felice di avere qualcuno dato che lui è di origni italiane, infatti si chiama Mezzasalma. Poi vedo Speedplay, e anche loro mi danno fiducia.
Avrei mille aneddoti su questo viaggio per me veramente alla "scoperta del mondo".
Con un rammarico, Ibis non ha mai volato con me.
Boreale Mountain Biking
Whitehorse, secondo google maps, si trova a 5.948 km da New York. Prendi poi una nave e sbarchi, poniamo a Rotterdam. Rotterdam casa mia sono 1.399 km. Morale: 5.948 + 1.399 = 7.347 km. Non credo sia un posto dove molti di noi possano andare nel futuro prossimo. Detto questo, ho notato la pubblicità di Boreale mountain biking su nsmb.com e ne sono rimasto incuriosito. Whitehorse era una tappa lungo la via che portava al Klondike. Verso la fine dell'ottocento quest'ultima regione fu invasa da ottimisti cercatori d'oro, la cui febbrile ricerca non durò a lungo, giusto il tempo di creare vie di collegamento tra i vari centri di estrazione e gli avamposti dove i disperati vivevano. Loro non sapevano che più che cercare l'oro, l'oro loro (scusate) lo stavano creando. Singletrack! In abbondanza! In mezzo alla natura! Con gli orsi! Le alci! Le aquile! A me dell'oro non è che interessi molto, certo mi piacerebbe però percorrerne le tracce.
martedì 28 aprile 2009
Ciclofatica
Questo primo atto è un atto di transito, di movimento di attese e di improvvise accellerazioni. Ma è un atto che porta con se anche molta sofferenza e molto piacere almeno per i genitori, piacere che possiamo immaginare provi anche il nascituro che stretto nell’utero della madre deve cercare una via d’uscita per proseguire la sua vita.
Bene quest’immagine si è fatta strada nelle mia mente in seguito ad una discussione apertasi sul blog dei Los Lobos (Battesimi).
Provo a sintetizzare le posizioni. Da una parte c’è chi dice che lo spirito con il quale va in bicicletta è uno spirito orientato al conseguimento del piacere: la via edonica.
Un altro fronte invece afferma che l’andare in bicicletta è un’attività che include la via edonica ma che non può prescindere dalla sofferenza.
Mi pare che le due posizioni estremizzino due approcci, che colloccherei all’interno di un continuum, nessuna delle due può forse essere data in modo puro ed assoluto.
Chi si colloca sul versante edonico, sembra essere, quasi spaventato che al piacere possa essere accostata la sofferenza (direi che si potrebbe parlare, per alcuni ciclisti, quasi di una perversione l’accostamento piacere sofferenza), mentre chi si colloca sull’altro versante tende a dare importanza a certi aspetti meno immediatamente riconducibili al piacere. Aspetti che a mio modo di vedere funzionano da mediatori del piacere, direi quasi da “costruttori” del piacere stesso.
Uso la parola sofferenza e non fatica perché mi pare che renda in modo più compiuto la complessità dell’azione dell’andare in bicicletta.
La fatica richiama ad uno sforzo che si compie ma viene in genere riferita ad un “lavoro” fisico.
Sofferenza ha nel suo etimo latino il germe che mina la soddisfazione edonica del piacere nel fare qualche cosa che ha dell’eversivo (dal punto di vista del piacere): procrastinare. Sub-ferre recita l’etimo latino: sopportare, senza questo passaggio mi pare che non ci possa essere piacere.
La mia provocazione nel dibattito sul blog dei Lobos va nella direzione di estremizzare e al tempo stesso meticciare le due posizioni. La dico in modo semplice: secondo me se si potesse escludere totalmente la sofferenza dall’attività ciclopedalatoria scomparirebbe l’attività ciclopedalatoria per come la conosciamo e probabilmente molto del piacere che essa ci regala. Come se si potesse pensare di evitare la sofferenza durante la nascita. Lo si può fare lo si fa ma l’esperienza che viene vissuta è un’altra esperienza; non meglio non peggio semplicemente un’altra esperienza; in natura la sofferenza del partorire è ineludibile sia per il pupo che per la madre.
Ma penso anche che una pratica ciclopedalatoria solo orientata alla ricerca della sofferenza possa per ovvi motivi mortificare irrimediabilmente qualsiasi piacere.
La pratica della bicicletta si fonda su di un atto solitario spesso agito in gruppo: tale condizione permette di utilizzarlo come veicolo di conoscenza di sé.
Ogni ciclista rimale libero di includere in questo atto più parti di sé, io per me includo sicuramente la sofferenza, ma certamente non è il mio fine e non è il solo elemento incluso.
Per me la sofferenza, entro un certo limite, rimane, nel pedalare, un fondamentale alleato da cui cerco di tenermi a dovuta distanza ma dal quale non mi posso distaccare completamente.
Contributo di Emanuele "EMA" Gandolfo
Charge Bikes (Uk)
lunedì 27 aprile 2009
un giro su Ibis Mojo SL
Szazbo, BowTi e il celeberrimo passacavo per cantilever "handjob". Metà anni novanta.
La california è l'epicentro di un vero e proprio calderone creativo che investe la mountain bike. Si distingue tra tutti un marchio che passerà alla storia come uno dei più significativi: Ibis.
Chiunque pedali una bici da montagna dall'epoca dei pneumatici "Farmer John's Cousin" sa benissimo quanto Ibis sia sinonimo di quell'irripetibile periodo, e che magia abbia quell'effige di uccello che campeggia in testa ad ogni telaio..
Magia alla quale è difficile resistere.
Un amico che presta ad un amico una Ibis Mojo SL è davvero un amico.
Il discorso fila giusto?
Credo che la forma e le sembianze di una bicicletta siano espressione di tecnologia, funzionalità e, non per ultima, bellezza allo stato puro.
Una bellezza purtroppo materiale ed inerte. Senza vita.
La cosa stupefacente è che a questa espressione è applicabile un movimento..
Stupefacente. Significa nella mia testa che io posso correre su un espressione d'arte (la bici), donarle il movimento, un pensiero e quindi la vita. Lisergico? Forse.
Mi piace quindi cavalcare bici da sogno e per un giorno esserne il soffio vitale.
Adoro farlo. Principalmente per il piacere e per gustarne a pieno il fascino.
Nessun giudizio. Nessun report di guida. Che senso avrebbe....
E' bellissima. Questo vi dico.
Photogallery
foto luca-orlandini.com
www.ibiscycles.com
Ibis è distribuito in Italia da 4guimp.it
domenica 26 aprile 2009
Karpiel is back (but...)
Chi ricorda Josh Bender? Nomen omen, nel nome il destino. Tipo che uno si piega (bend) ma non si spezza. Josh Bender era una sorta di unabomber che faceva mountain bike. Ricordo di aver letto un articolo dove diceva di aver passato 5 anni di quasi solitudine in una zona remota dello Utah, destinata poi a diventare famosa per la Red Bull Rampage. Josh Bender era (è) uno psicopatico schivo le cui tendenze suicide non servivano tanto per fargli avere copertura media, ma proprio perchè qualcuno ce l'ha nel sangue di farsi male. Ricordo un pezzo su Bike Mag dove si raccontava (con tanto di supporto fotografico) come il demente si fosse buttato giù tipo da 10/15 metri "to flat landing". Voglio dire, allora te la cerchi. Compagno di tanti tentativi (di farsi fuori) era un telaio Karpiel. Jan Karpiel è un nativo ceco, della repubblica Ceca voglio dire. Si trasferisce negli Usa ed un certo punto della sua vita pensa che sia il caso di fare bici per aspiranti suicidi. Jan, questo è Bender. Bender, questo è Jan. Karpiel ha di fatto creato le bici da freeride "estremo", scusate virgoletto la parola perchè mi provoca sempre qualche brivido di disgusto ma è giusto per capirci. Per qualche anno le Armageddon, le Apocalypse e le Disco Volante (come un disco dei Mr. Bungle) hanno rappresentato il non plus ultra per gli amanti dell'auto-violenza. Karpiel scompare per qualche stagione per tornare a far parlare di sè recentemente. La nuova Apocalypse ha due ammortizzatori (per il disegno si è ispirato ai carrelli degli aereoplani, dice Karpiel) per un totale di 25 > 31 cm di escursione (??). Anche se i numeri sono demenziali, dal sito posso dedurre che i telai sono stati alleggeriti e che le nuove Karpiel mantengono sì la radicalezza (sic) del passato, adeguata però a tempi moderni. E' un marchio che ha fatto la storia ed anche se dubito che mai ne avrò mai una, mi fa piacere che Karpiel sia tornata tra noi. Altre foto, qui.
sabato 25 aprile 2009
Spooky Bikes
In home c'è scritto: these guys need you to buy stuff (questi ragazzi hanno bisogno che voi comperiate qualcosa). Possono non essere simpatici? Spooky vuol dire sinistro o pauroso ma se c'è una cosa che questi derelitti del Massachusetts hanno è il senso dell'ironia. Sono della zona Boston, per cui costa est per cui: radici, controcultura, Dirt Rag, inverni lunghi ed un generale senso di svaccamento. Basta leggere i testi del sito o vederne le foto. Tutto all'insegna dell'artigianalità (ma non quella di Vanilla o di Crisp), tutto secondo la filosofia del non prendiamoci (troppo) sul serio. Non che i prodotti non vadano o siano fatti in maniera superficiale. Spooky nella sua prima incarnazione era un po' il padre putativo delle hard tail hard core (h.t.h.c) con pedali flat e forcella con molta escursione. Un po' dirt un po' allmountain stile New England, cioè, mi dicono, ultra tecnico e molto lento. Spooky ha un paio di telai rigidi, di cui uno, dal gradevole nome di Horror Taxis, pensato per ruote da 27,5 (o 650b), uno da ciclocross che loro definiscono così: "Supertouch frames are Hot. Molten. Light. zoom hiss snappple boom kerrchink! ". Giusto per dire, la prima parte significa qualcosa, la seconda è onomatopeica. Poi una bici da strada con grafiche Spookyose. Diverse t-shirt (belle) e calzini con la pecora di out of step dei Minor Threat (gruppo hard core della zona di Washington DC, inventore del punk vegetariano. Giuro. E' il mio gruppo preferito). Morale: chi ama la bio-diversità culturale si può ritrovare in Spooky, per gli altri è giusto sapere che esistono. Prossimo!
giovedì 23 aprile 2009
Evil bikes e la grafica coordinata
(image from bikemag.com)
Di Evil bikes è interessante il sistema ammortizzante by Dave Weagle (DW-link), del tutto diverso da quello di Iron Horse, per dire. Mentre leggevo una press release di DaKine (che amplia la sua gamma abbigliamento mountain bike), ho notato la nuova grafica della bici di Thomas Vanderham, una Evil appunto, che pare essere coordinata con il casco. O vedo male? (sic).
mercoledì 22 aprile 2009
26 + 29 = 27,5
Wildfire Designs Bicycles
Questi vengono da dove Sarah Palin viene – Wasilla, Alaska. Non vogliono essere i prossimi presidenti degli Stati Uniti, si limitano a fare bici con le ruote grosse. Ma insomma.
Pedersen Bikes
martedì 21 aprile 2009
Swobo e la bici, una storia moderna (??)
lunedì 20 aprile 2009
Orco Cicli
Li immaginiamo come nelle fotografie del loro sito: un sottofondo musicale, un buon calice di rosso accanto alla valigetta di attrezzi campagnolo, e le mani sporche di grasso che reggono un telaio.... Biciclette per la città, le gite o i viaggi costruite a mano con la cura che di solito è riservata a quelle da corsa. Questo è Orco Cicli. Acciaio, congiunzioni saldobrasate, telai disegnati apposta e tanta cura che sfocia nella passione. Palmiro, Nilde, Preta, Spicciola e Grendel. Fateci un giro. www.orcocicli.com
Foto orcocicli.com
Rapha
domenica 19 aprile 2009
Industry9 wheels - test lunga durata
6h single speed Cremona.
detto questo, io non ho una single speed (ma c'è l'avevo negli anni novanta) e per tanto nonostante le insistenze di spiedo non ho partecipato alla gara (gara?). mi sono però fatto i 240 km (andata) e 240 (ritorno) per annusare quella particolare atmosfera di goliardia e deboscio (deboscio?) che è tanto cara a questa specialità.
che dire? mi è piaciuta! oltre alla fauna umana, varia e divertita, un sacco di inventiva e creatività ciclistica era in mostra: da vecchie glorie trasformate in single speed a qualche chicca difficile da vedere in altri posti se non qua. tipo? tipo singular cycles (dall'inghilterra, molto bella), una crisp in titanio (tempo fa lo siamo andati a visitare), una spot, una del tutto a me sconosciuta vassago (??) più una serie cromaticamente simile di zullo marchiate los lobos, alias fenomeno Frau Blücher ...decadenza...decadenza...long live singlespeed...amen..
alcune immagini (photogallery) catturate da chi (tarantola) si era imposto di correre e poi ha trovato il divertimento nel Lobos Village...
sabato 18 aprile 2009
giovedì 16 aprile 2009
Il passatore
Una bicicletta fuorilegge che viene intitolata ad un leggendario fuorilegge. Il passatore.
Il Passatore o, secondo la definizione di Pascoli il Passator cortese, era un brigante che con le sue gesta infiammò la Romagna della metà dell'ottocento. Se proprio volete un Robin Hood italiano.
Tranquillo brigante! Ora si parte...
photogallery
Wallpaper
mercoledì 15 aprile 2009
Tout Terrain Panamericana
martedì 14 aprile 2009
Flat pedals
Qualche anno fa Dirt pubblicò un articolo sulla filosofia dei pedali flat. Non tanto sulle loro caratteristiche tecniche, quanto piuttosto su quello che il loro uso comporta. Cosa comporta? Sembrerebbe che usare i flattoni significhi avere un atteggiamento più epicureo (che stoico). Un approccio meno legato alla prestazione tout court. Un leggero svaccamento disciplinato, per così dire. Da tre anni a questa parti in effetti i flat li uso anche io (questi, se può interessare) e devo dire che per molti versi sono stati una vera rivelazione. In discesa soprattutto nel tecnico, a mio avviso, danno una sensazione di sicurezza sconosciuta ai pedali a sgancio. In salita io non sono una scheggia ma con dei bei pin e con scarpe con grip (5.10, of course) la sensazione è di essere quasi incollati al pedale. Dal punto di vista filosofico, ho poi capito cosa intendeva il redattore di quel articolo. E' una sorta di viaggio a ritroso, dove il focus è nella compagnia, nel paesaggio, più che nell'arrivare in cima per primi. E' forse purismo di ritorno od un antidoto agli anni che passano: non ho fatto salti da ragazzino, li faccio allora adesso (a quarant'anni abbondanti). Sia quello che sia, ho regalato le scarpe spd e, giusto per coerenza, il mio viaggio di circa mille km con bici e carrello della scorsa estate (Berlino/Rostock/Copenhagen/Malmoe e ritorno) l'ho fatto con pedali Easton e Vans. Mi sono trovato benissimo e vuoi mettere lo stile.
(immagine da twenty6products.com)
domenica 12 aprile 2009
Chromag
Siccome sono curioso e siccome Ian è gentile gli ho fatto qualche domanda.
Queste le sue risposte.
www.chromagbikes.com
In Italia Chromag è distribuito da:
www.velobikestore.com
Polonia? Bulgaria?
Florilegium settimanalensis (best of)
venerdì 10 aprile 2009
Traitor cycles
Velo-City, Bruxelles, 12/15 maggio.
Eco-compatibilità e commercio
2Stage Bikes (from NZ)
mercoledì 8 aprile 2009
By the Hive
martedì 7 aprile 2009
Spot bikes e l'arte della cinghia
Chi ha una Harley o una Buell sa che oltre alla tradizionale trasmissione a catena, ne esiste una a cinghia. Non sono un tecnico per cui non posso dire meccanicamente quali siano le differenze. Da medio-man quale sono posso però intuirne alcuni vantaggi. Il più ovvio dei quali è la manutenzione inesistente. La cinghia è silenziosa ed ha una durata elevatissima. Da una veloce ricerca su google sembra durino tre volte tanto una trasmissione tradizionale. Il problema maggiore è che la cinghia può essere usata solo con cambio interno, tipo rohloff o shimano nexus/alfine. Sia quello che sia, per chi volesse avere una bici cinghiata, a mia conoscenza, esiste una sola opzione: Spot, da Golden, Colorado. I telai sono speciali perché hanno un sistema che permette l’apertura del carro posteriore. La cinghia non ha le maglie come la catena e per tanto o la saldi dentro il telaio mentre lo fai (poco pratico, direi) o lo rendi apribile. Spot oltre a mountain single speed, fa anche una bici da cross piuttosto oltraggiosa (con la cinghia, yes). Anche altri stanno sperimentando, ma se volete essere dei very early adopter, Spot è quello che fa per voi. Se invece volete saperne di più, andate qui.
ps
ho scritto una cosa imprecisa e rettifico. Spot è tra le poche ad usare la cinghia ma non l'unica. Qui le altre. Sorry.
Olanda paese più sicuro per andare in bici
domenica 5 aprile 2009
the veloist
things we like today
mercoledì 1 aprile 2009
Deliquenza di provincia e ciclismo nella critica moderna
Protone test days
La diretta conseguenza che abbraccia le due realtà è il Protone Test Days che si è tenuto proprio alle Cesane. Il team di discesa dei "mufloni" e il gruppo dei "sorci verdi" azionano la macchina organizzativa dell'evento che ha tutto il sapore di un test prodotti internazionale che nulla ha da invidiare alle ammirate giornate simili organizzate in suolo californiano.
protone)... questa mi mancava. Beh, l'aria non è che una delle idee che abbiamo messo in pratica!
orme) Boss e Push Industries. Realtà simili a Protone. A quando una forcella da DH con il vostro marchio?
protone) Molto, ma molto presto. Non mi cogliete impreparato su questo..
orme) La passione per la discesa, e qualche birra di troppo bevuta in garage con gli amici. Nasce così Protone?
protone) Non proprio in garage, ma sull'asfalto del parcheggio a Pian del Falco a Sestola. All'epoca ero un informatico, e nel tempo libero correvo le gare di DH. Durante le prove a Sestola ho avuto problemi con il mio ammortizzatore, e chiavi alla mano ho cercato di capire come funzionasse la cosa. Da qui le prime modifiche, poi da un piccolo tornio il prototipo n.1 con il quale poi ho corso per ben tre anni. In quello stesso periodo usci la Boxxer World Cup ad aria, e mi interessai alla cosa a tal punto da arrivare a creare kit di modifica ad aria per alcune forcelle.
orme) Protone?
protone) Prototype one, un'amorevole nostalgica dedica a quel primo ammortizzatore che ha innescato la miccia. E al tempo stesso il protone è la parte più veloce dell'atomo, e da qui il collegamento alle adrenaliniche velocità della discesa.
orme) Chi è Protone oggi? E cosa vuole fare domani?
protone) Oggi siamo una micro realtà che cerca di emergere grazie alla nostra irrefrenabile passione per la bicicletta e la discesa. Il rapporto e la consulenza diretta con il pubblico è per noi una carta vincente. Conoscere il tipo di bici, il tipo di guida e le sensazioni del nostro utente ci aiuta a fornire un servizio davvero unico e personalizzato.
Aiutare il cliente a sfruttare al massimo le possibilità tecnologiche della sua bici, tenendo conto di tutte le sue esigenze. E' un pò come essere il personal trainer per il set up sospensioni della sua bike! Domani? Avere una gamma componenti completa per allestire una bici da discesa, e magari la forcella della quale parlavamo precedentemente.
orme) miglior difetto e peggior pregio?
protone) il miglior difetto è che di fronte ad ogni problema il mio credo rispecchia un'affermazione della quale spesso abuso, ovvero "si può gestire tutto". Di fronte al mio interlocutore faccio un'ottima figura, ma poi capita che mi debba dare da fare per davvero a risolvere la cosa. Il peggior pregio è semplicemente il tempo che dedico a Protone. L'attività essendo mossa da passione non ha mai dei tempi massimi, e c'è qualcuno che qualche volta si lamenta... in famiglia, ma riesco sempre a farmi perdonare.
Per saperne di più
http://www.protone-components.it
Photogallery
Protone Test Days, Fossombrone (PU)