venerdì 25 giugno 2010

Comunicazione di servizio

(foto alta definizione)
La trasmissione del pensiero ciclocentrico verrà sospesa per alcune settimane. Non credo comunque che le vostre solari giornate verranno turbate da tutto ciò. Noi nel frattempo saremo impegnati in un lungo viaggio pedalante che ristorerà le nostre menti. Grazie per la comprensione.

giovedì 24 giugno 2010

Fixie Inc. Cycles for Heroes / Ehbe #5

(images courtesy of liutaio/orme.tv)
Non è certamente cosa di tutti i giorni essere in grado di far coesistere stilisticamente trasmissione a cinghia, freni a disco, cerchi in legno e ruggine. Sissignori... ruggine! Uno strabiliante telaio arrugginito capace di zittire anche il palato più esigente (è in realtà un trattamento a scopo estetico - ndr). Cycles for heroes è stata in grado di fare questo. Nella sua semplicità un notevole esercizio di stile.
La bicicletta (foto alta definizione/wallpaper)
more info: cycles-for-heroes.com

martedì 22 giugno 2010

Gary Fisher Collection - Sawyer


(images courtesy of Trek bikes / Gary Fisher Collection)
Sawyer è la bicicletta che celebra i 10 anni trascorsi dalla creazione della prima 29er ad opera di Gary Fisher.
Gary Fisher Collection Sawyer
more info: Trek bikes / Gary Fisher Collection

lunedì 21 giugno 2010

Santa Cruz V10 - orme.tv

Entusiasmi e perplessità. Ostacoli superati e insuperabili. Tante storie da raccontare. Così una gorgogliante e incisiva linea nera percorre in poche nottate le ampie superfici del telaio. L'inchiostro è la voce narrante di questi tumulti interiori che fondono la materia del telaio e le sue fisiche gesta in una sola entità.
Santa Cruz V10 - anno 2007 (foto alta definizione/wallpaper)

venerdì 18 giugno 2010

Verso dove non so

(image courtesy of versodovenonso.com)

"Per il mondo senza meta. In tandem.
Due occhi per vedere, quattro gambe per andare"
Da Schio all'India. Due amici in tandem, Dino e Simone, e una grande avventura.
Sono partiti il 10 giuno. Qui è possibile seguire il loro viaggio.

more info:versodovenonso.com

giovedì 17 giugno 2010

Crisp Titanium / Ehbe #4

(images courtesy of liutaio/orme.tv)
Succede che l'eccellenza telaistica di Darren Mark Crisp incontri l'estro creativo di Dario Pegoretti. Dall'unione di queste due sensibilità artistiche nasce un mezzo ambiguo quanto sfrontato, voluttuoso nel suo aspetto e sognante nelle intenzioni. Un'opera nata dalle mani di due persone che rappresentano oggi l'avanguardia artigianale della bicicletta italiana.
La bicicletta (Crisp Titanium/flickr)



martedì 15 giugno 2010

Moulton / Ehbe #3

"Sublime ride comfort and breathtaking looks"
20 pollici, acciaio lucido a traliccio, e tanto carattere da vendere...
(foto alta definizione/wallpaper)
more info: moultonbicycles.co.uk

lunedì 14 giugno 2010

intervallo#3

(foto alta risoluzione) da sinistra a destra, partendo dall'alto:
01 catalogo Cycles for Heroes.
02 attacco manubrio Race Face Diabolus.
03 messenger bag realizzata con camera d'aria e cintura di sicurezza - provenienza Mercurdo.
04 occhiale Alain Mikli.
05 forcella Syncros Switch Blade. Cult.
06 Dirt Photo Issue'08. Senza ombra di dubbio l'eccellenza della fotografia gravity.
07 Scavezzon Team jersey.
08 pedivella Syncros Revolution. Senza tempo.
09 sneacker Nanny State. Da tight.

mercoledì 9 giugno 2010

Julie Racing Design Randonneuse / Ehbe #2

(images courtesy of Liutaio/orme.tv)
Una reinterpretazione in chiave moderna del tema randonneuse francese degli anni 50/60. Ma sopratutto estro creativo e contaminazione. Il marchio francese Julie Racing Design è da sempre piacevolmente fuori dal coro perchè le sue creazioni non sono mai eteree, ma al contrario hanno quel buon profumo di officina, grasso e di barattoli di vernice. Su questa Randonneuse la sua sperimentazione lo porta ad utilizzare una forcella headshock per quanto riguarda la parte ammortizzante accoppiata ad una testa marzocchi e steli fait maison. All'estremità del portapacchi posteriore il gancio per il carrellino che a causa dei tempi non è stato ultimato in tempo per la fiera.

Julie Racing Design Randonneuse (foto alta risoluzione/wallpaper)
more info: julieracingdesign.com

lunedì 7 giugno 2010

Santa Cruz Tallboy

Incantata e piacevole infatuazione? Può essere... Non capita però spesso che nel vile rigore logico delle cose una buona sensazione di feeling coincida anche con l'oggettività spietata della tecnica. Quello che cerco di dire e che io stesso non riesco ancora a spiegarmi è come il VPP possa essere a mio parere uno dei sistemi di sospensione più efficaci, bello da vedere e così accattivante. Una trazione ottima se non esagerata, e contemporaneamente una dote innata per divorare dislivello negativo, così convincente da divenire anche meschina perchè è ormai fondata la sensazione su un VPP di avere più corsa alla ruota di quella dichiarata sulla carta.... Sortilegio? Se anche fosse ben venga.
La riflessione è nata dopo aver passato un'ora in compagnia di un Tallboy di Santa Cruz . 29er da 4 pollici di corsa, ovvero 100 millimetri. Una bicicletta catalogata cross-country ma che nella mia testa ho eletto come regina di un escursionismo fatto di una sana priorità data alla salita, che non disdegna affatto qualche movimentata e divertente discesa. Qui infatti mi ha stupito comportandosi davvero alla grande sugli ostacoli agevolata con buone probabilità dal diametro delle 29 pollici. Certo non immaginatevi grandi cose, lasciate a casa le ginocchiere, ma vi assicuro che il divertimento è garantito.
Esagero nel sostenere che una bicicletta come Tallboy di Santa Cruz possa mettere in discussione l'esistenza della categoria front?
Santa Cruz Tallboy (foto alta definizione)

more info:
santacruzbicycles.com

dsb-bonandrini.com


domenica 6 giugno 2010

Messner Mountain Museum. Monte Rite, 6 giugno 2010


la leggenda. inaspettata sopresa della cima.

la cima. questa sopresa non era inaspettata ma è sempre sorpresa.

avrei dovuto capire dal furgone con la scritta "press". e da un inusuale via vai per essere i primi giorni di giugno. la giornata è bella, non posso prendere tutta la giornata (devo andare alla fenice nel pomeriggio). parto la mattina presto, treviso/longarone/val zoldana/passo cibiana. lascio la macchina dove il sentiero termina. mi cambio, monto la bici e parto. prima vera pedalata della stagione. dopo sei mesi di sci e quasi 50 uscite sono passato in modalità estiva. sono da solo. la salita è blanda. corona media. incrocio escursionisti che saluto facendo attenzione a non disturbarli. non che vada tanto più forte di loro. il dislivello è di circa 800 metri. passano senza quasi sentirli. la strada è stata costruita dai militari italiani durante la prima guerra mondiale, non tira mai troppo e sale con larghi tornanti che permettono di vedere verso tutti i punti cardinali. passano gli shuttle che portano al museo. messner mountain museum. costruito in cima a questa montagna, nello spartiacque tra la val zoldana ed il cadore. se è bello dalla cima vedi venezia e l'austria (non vienna ok ma comunque le montagne austriache e la pianura). è un posto fenomenale. anche una frequenza eccessiva degli shuttle non disturba la mia salita. dopo la galleria, prima dell'ultimo tornante, una giovane - per via delle dimensioni - vipera tenta di passare la strada ma impaurita torna indietro. la guardo che fa marcia indietro. tira fuori la lingua ma non mi sembra aggressiva. anzi mi verrebbe voglia di chiederle come va. di dirle di stare attenta alle macchine. siamo poco sotto i due mila ma c'è traffico. sono da solo, ascolto musica. i fall ed una vecchia canzone dei rem (con patti smith? mi pare di si). sono quasi arrivato. non alzo la testa. guardo il movimento centrale. cerco di capire da dove viene un cigolio fastidioso. credo che sia quello che ha fatto indietreggiare la vipera. ho la sguardo fisso sulla bici e non noto l'assembramento di persone. ci sono dei carabinieri. un gruppo di persone ascolta qualcuno che parla. non ci faccio caso. faccio per proseguire. mi fermo. appoggio la bici. mi avvicino. guardo. SOPRESA. si chiama messner mountain museum, chi posso trovare? lui, esatto. definito da outside uno dei 50 sportivi più importanti di tutti i tempi e di sicuro il giù grande alpinista di sempre, è lì, che racconta come sono nate le dolomiti (la zolla tettonica africana che spinge su quella europea e costringe parte della terra ad alzarsi). racconta di come è nata l'idea del museo. di come le dolomiti siano le montagne più belle del mondo. se lo dice lui, io ci credo. e di come di tutti i messner mountain museum, questo sia il più bello. anche a questo, io ci credo. incredibile: dice che le mountain bike sono una fortuna per la montagna, perchè i mountain biker affollano gli alberghi, riempiono i ristoranti. portano ricchezza senza portare distruzione. dice, addirittura, che ammira i mountain biker. sono l'unico arrivato in bici. ripete una due tre volte che le dolomiti sono un paradiso e che come tali devono essere preservate. che non significa trasformarle in un museo. anzi. significa tenerle vive. dare modo alle persone di montagna di vivere dove sono nati. senza che questo significhi distruggere i posti. enfatizza come la bici possa essere uno strumento di sviluppo. e se lo dice lui, io ci credo. che sorpresa. era un giro mattutino che volevo fare. in uno di quei posti dove torni perchè ti danno sicurezza. sai già della loro bellezza. ed è come se ti sentissi a casa fuori di casa. conosci il sentiero. ne ricordi le curve. ne apprezzi la fluidità. ne ricordi i panorami. anche perchè il sentiero che scende verso nord ed aggira ad ovest la montagna per poi scendere verso il versante zoldano, è un piccolo riassunto di perchè andiamo in bici. non è mai troppo ripido. è zigzagante come un grande serpente. prendi velocità ma non troppo. gli alberi sono alti. l'erba verde. chiazze di neve. il pelmo ad ovest. a nord le tofane, a sud il civetta. e l'antelao, la croda da lago, le alpi austriache e quelle slovene. e la valle del cadore con alla fine cortina. ed il fondo è di terra. e ci sono tornanti dove rallenti. li prendi larghi. quasi ti fermi. pinzi i dischi. e ti muovi in armonia con la bici e con la natura. e passata la curva riprendi abbrivio e lasci andare la bici. e dimentichi tutto. il cancello per gli yak. ed il mito che hai appena visto. ed i problemi della vita. e tutto scorre. morbido. facile. intenso. esilarante. e sai perchè vai in bici. e prendi le curve con garbo. e non pensi a niente. ed il sentiero finisce. la bici cigolava ed avevi pensieri. hai visto la vipera. e ti sembrava un giorno un po' malinconico. poi incontri un superuomo che ti ricorda che sei nel posto più bello del mondo. e ti guardi attorno. ed è caldo. accendi la musica. finisci l'acqua. riparti verso casa. passi vicino ai tabià di legno. e capisci che è tutta questione di prospettiva. quando pieghi la bici in curva la prospettiva cambia. ed è tutto un altro mondo.
(amen, fratelli, la messa è finita. andate in pace).

knolly endoporphin, acrilico su tela. museo delle dolomiti. 6 giugno 2010

comincia la discesa. finisce la neve. inizia il delirio.dei.sensi.ciclistici.amen.


servono parole?

sabato 5 giugno 2010

(pre)cycling.


nella parola stessa ciclo c'è l'idea di cosa che ricorre. come dire: un ciclo di vita, un ciclo della lavatrice, un ciclo di studi. inizia, continua, termina. e poi riparte. il ri-ciclo è parte del ciclo. è la continuazione logica di un inizio e non è detto che debba avere una fine. mi pongo questa ed altre domande mentre guardo i mie primi due caschi da bici, circa 1990/1994. impossibilitato a riciclarli, li tengo come soprammobili. vicino ai libri pieni di ironia di safran foer, vicino a numeri ormai vecchi di powder. gli oggetti che hanno una storia aiutano a creare atmosfera, sono in fin dei conti un'estensione della persona. io sono il casco ed il casco è me stesso. oggetti come ricordi. ma per quanto poetico, non è il passato che mi impedisce di sbarazzarmi di questi relitti dell'antichità. è che non so dove buttarli. nel secco? no. nella plastica? neanche. dove quindi? non ne ho idea, nè io nè apparentemente neanche le aziende che i caschi (o le scarpe, o le pompe o le maglie di lycra ) producono. c'è un problema di fondo. si tende a pensare al riciclo ma non al pre-ciclo. che in inglese sarebbe re-cycle e pre-cycle ed in questa lingua si riesce ad apprezzare di più il legame tra il nostro sport e la capacità (sensibilità?) di dare continuazione alle cose. non sto dicendo che l'oggetto debba essere per sempre. il prodotto è il risultato di un periodo storico ed a quello ci lega. per cui è giusto che a diversi momenti storici siano legati diversi oggetti. quello che mi mi dispiace e mi disorienta è che una volta terminato il loro ciclo vitale, non ho idea di cosa fare di queste cose. una vecchia salopette invernale, dei guanti a mezze dita che ritrovo ogni volta che scavo in profondità nell'armadio. ma anche delle leve caramba, un portaborraccia ringlè, all'epoca era il top dello sboronismo, la mia prima spltboard, degli scarponi della nitro custom con suola in vibram, dei pantaloni baggy large hardwear. in sostanza: dove vanno a morire gli oggetti? pre-ciclo/ciclo/ri-ciclo. dovrebbe essere così. chi produce dovrebbe pensare al ciclo vitale dell'oggetto, metterlo in commercio perchè è giusto ed è la vita ed è bello comperare delle cose e guardarle trasognati. ma è sbagliato (per me) lasciarli morire per tempo indefinito sotto uno strato di terra perchè non ho pensato prima come disfarmene. a parte il valore affettivo cioè il ricordo di un'epoca, non vedo perchè dovrei tenermi il mio primo casco. problema: se lo cestino, la povera bestia finirà assieme ad altri suoi diversi consimili in una discarica. il che significa che ragionevolmente quando gli alieni da marte invaderanno la terra nel 2230 e pianteranno la bandiera (digitale) di nuovi padroni, sentiranno il terreno opporre resistenza. perchè il mio casco sarà lì, impermeabile alle ere storiche, indifferente ai nuovi conquistatori. mi spezzo (contro una roccia) ma non mi sciolgo. una pubblicità diceva: un diamante è per una vita. temo che anche il mio casco lo sia.

giovedì 3 giugno 2010

Le Cadre / Ehbe #1

La nostra visita al Ehbe non si è limitata alle quattro foto rubate tra gli stand. La nostra curiosità e il nostro gusto hanno infatti selezionato alcuni pezzi che abbiamo diligentemente prelevato dagli stand e sotto il sole cocente e improbabile di un maggio tedesco abbiamo esaminato, vivisezionato e amato anche per voi.
La prima di questa serie è una bicicletta firmata da Le Cadre bicycles. In quella coperta a sacco arrotolata al manubrio, e nell'elegante e slanciato telaio abbiamo visto tutta la voglia di creare un 'espressione di bicicletta da turismo veloce. Di gran classe. Esempio eclatante di come per distinguersi non occorra sfociare in un decorativismo barocco e nell'abbondare di accessori.
La bicicletta in questione (foto alta risoluzione)
(images courtesy of Liutaio/orme.tv)