venerdì 20 marzo 2009

Villin Cycles Works


Non so se sono più attratto da questi prodotti per il loro fascino estetico o perché sono prodotti da persone che niente hanno a che fare con l’immagine stereotipata che abbiamo dell’artigiano. Qui da noi, un piccolo costruttore lo possiamo immaginare di una certa età, con una officina piena di immagini di Coppi e Gimondi (anche di pettorute pin-up). Alexis Dold ha le braccia tatuate e mi dà l’impressione che preferisca i Minor Threat, i Fugazi o i Pixies a Mina e Gianni Morandi (ma mi posso sbagliare). È questa fusione disassata di tradizione e modernità – il look, l’uso di internet- che rende questa nuova ondata di costruttori così interessanti. Hanno una propensione al dettaglio. Sono telai fatti di dettagli, di scorci imprevisti, di rifiniture quasi decadenti nella loro raffinata inutilità.
Telai come tele, mi verrebbe da dire. O come marmo, o come argilla o come legno. Uno strumento espressivo più che (o solo che) un mezzo di trasporto. O forse un mezzo di trasporto che è anche mezzo di comunicazione. Sta di fatto che ho fatto a Alexis Dold (l’altro 50% si chiama Joe Marchionno) qualche domanda e queste sono le sue risposte.

Villin Cycles Works