mercoledì 24 febbraio 2010

David Byrne, Bicycle diaries

Sissignori, esattamente di lui si sta parlando. Il leader e fondatore dei Talking Heads ovvero David Byrne è uscito con un libro intitolato "Bicycle Diaries".
Oltre ad essere un appassionato di bicicletta ed usarla comunemente come mezzo di trasporto a New York, pare che nel corso degli anni sia stata abitudine dell'artista durante i tour in giro per il mondo avere al suo fianco una folding bicycle con la quale amava spostarsi e scoprire le città.
Un'anteprima di recensione in italiano dal sito di ilikebike.org
Edizione italiana del libro curata da Bompiani in uscita per giugno 2010.
more info: davidbyrne.com

martedì 23 febbraio 2010

TerraCycle Cargo Monster

Oltre le cargo bikes. Conoscerete di certo Xtracycles, ovvero una soluzione che attraverso un kit permette di allungare il passo della vostra bicicletta ed applicare uno speciale portapacchi per consentire il trasporto di carichi veramente importanti. Dall'idea del kit Xtracycle Free Radical, e attraverso diverse modifiche, nasce Cargo Monster di TerraCycle, che trasforma in cargo qualsiasi recumbent ed altri tipi di bici particolari. Il risultato è a dir poco imponente.
more info: TerraCycle Cargo Monster
(images courtesy terracycle.com)

lunedì 22 febbraio 2010

Klein Mantra Race

E' possibile adorare a dismisura una bicicletta soltanto per il fascino che esercita? Gli enormi diametri di Klein e le superfici maestose delle immortali Attitude e Adroit hanno in qualche modo caratterizzato il marchio da sempre, arrivando a definire a pieno diritto una categoria a parte: erano Klein. Se la produzione delle hardtail celebrava la pulizia e la forza, con l'introduzione di un modello ammortizzato Klein entrava nel mondo delle full dalla porta principale regalando agli appassionati sperimentazione ed eleganza.
Tra il 1997 e il 2000 il modello Mantra non poteva di certo passare inosservato nel panorama delle full-suspended. Il sistema era il tanto discusso URT, ovvero unified rear triangle con un punto di infulcro altissimo. 7 pollici di corsa (dico 7... eresia per l'epoca) per una bici pedalabile e che non disdegnava neppure un utilizzo cross country agonistico.
Sicuramente unica. (foto alta definizione)

Klein Mantra Race. Photogallery

giovedì 18 febbraio 2010

Iditarod

(images courtesy of Sebastiano Favaro)
Se per qualcuno il fascino dell'avventura rimane un desiderio sfiorato, è altrettanto vero che c'è anche chi nell'avventura ci si butta a capofitto. Sebastiano è sicuramente uno di questi. Oggi parte per l'Alaska, e lasciamo che siano le sue di parole a descrivere le intenzioni che lo guideranno tra le nevi. In bocca al lupo Sebastiano per questa grande avventura.

L’iditarod è una gara estrema che si svolge in inverno su ghiaccio e neve. Le temperature possono arrivare a -40 ed è importante non perdersi. I percorsi sono due, uno di 560km che cercherò di portare a termine fino a McGrath e un lungo per veri pazzi di 1800 km fino a Nome. Lungo il percorso corto sei check point dove potersi fermare per dormire e mangiare fermo restando la dotazione personale che comprende tutto il necessario per affrontare una notte sotto le stelle... La partenza si terrà il 28 Febbraio ore 14 di Anchorage, qui in Italia sarà mezzanotte. 50 partenti, 10 nazionalità, i mezzi consentiti sono la bici, gli sci o più semplicemente a piedi.
Sul sito alaskaultrasport.com è possibile seguire la gara in diretta.
Io, la mia bici azzurra e il supporto degli amici le uniche certezze che porterò con me. Ci si sente. A presto.
Sebastiano
biciconducimi.blogspot.com

mercoledì 17 febbraio 2010

Argonaut Cycles - William's custom Tricycle

(images courtesy of argonautcycles.com)
Esistono adulti, e mi includono nella categoria, che desidererebbero trasmettere l'amore per la bicicletta ai più piccoli. Una felice intenzione che dà vita ad oggetti come questo splendido triciclo creato da Argonaut Cycles.
Potete leggere tutta la storia qui:
more info: argonautcycles.com

martedì 16 febbraio 2010

Artigiani

Provo ad addentrarmi in un campo che non conosco ma che mi incuriosisce. Declino, disillusione, bicicletta, artigianato. Quattro parole dense di significati. Prese tutte insieme mi spaventano. Provo a sezionarle per vedere cosa contengono. Delle prime due molto si potrebbe dire, fiumi di inchiostro sono stati consumati per cercare di definire il crollo delle ideologie e la “nascita” del post-moderno. Non mi addentro nel campo, troppo pericoloso.
Della terza, la bicicletta, dirò qualche cosa, ma è sulla quarta che mi voglio concentrare. L’artigianato. Su quella voglio provare ad agire.
Provo, mi faccio aiutare dal mio fido e vetusto Zingarelli.
L’artigianato, recita il vocabolario, è l’attività produttiva posta in essere dagli artigiani. Si rasenta la tautologia! E allora chi sono questi artigiani. Sempre lo Zingarelli dice che gli artigiani sono coloro che producono beni o prestano servizi impiegando il proprio lavoro, anche manuale, in maniera prevalente rispetto al capitale investito nell’impresa. Qualche aiutino in più arriva ma non basta. Inizio a capire che questi benedetti artigiani lavorano anche con le mani, producono oggetti. E va bene questo lo sapevo già. Provo allora a farmi guidare dall’etimo della parola. Artigiano contiene il sostantivo latino artes, arti, da cui deriva poi l’aggettivo artènsis, colui che esercita un’arte. La storia si complica e diventa interessante. L’artigiano è una persona che produce degli oggetti con le proprie mani, ma questi oggetti includono un quid che li avvicina all’opera artistica.
Ma che “mostri” sono questi artigiani?
Una prima idea che mi viene alla mente è che questi artigiani sono persone che producono oggetti che al loro interno hanno qualche cosa di speciale.
Difficile da definire, ma molto ricercato, e molto ben remunerato. Non si tratta solo di pagare un oggetto per le ore spese a produrlo, o per la qualità intrinseca delle sue componenti materialia, c’è dell’altro! Dal mio punto di vista quello che rende prezioso un oggetto artigianale è data da un insieme di qualità. Quali sono le qualità dell’artigiano, dell’uomo (o donna che sia) che produce oggetti artigianali?
Secondo me sono tre: la competenza tecnica, la cultura e in ultimo la competenza a “trattare” la committenza. A questo punto devo fare entrare in scena la bicicletta, per cercare di spiegare meglio cosa intendo per qualità. La competenza tecnica. Si tratta di un insieme di conoscenze ad ampio spettro che riguardano operazioni manuali e di progettazione che un artigiano che costruisce biciclette deve possedere. Dovrà conoscere i materiali in modo approfondito, sapere come legarli fra loro, dovrà essere in grado di ingentilire il loro aspetto (verniciatura). Dovrà avere conoscenze legate all’uso del mezzo ciclopedalatorio, dovrà penetrare le geometrie, i loro significati. E questo si può imparare facendolo e studiandolo. Mi fermo qua perché sono troppo ignorante per addentrarmi in uno specifico di cui so molto poco.
La seconda competenza: la cultura. La bicicletta ha una storia di circa un secolo, rispetto ad altre forme di artigianato (penso ad esempio alla creazione di gioielli) si tratta di una storia recente ma che ha, con i suoi oggetti biciclici, colonizzato rapidamene il globo.
Un artigiano che decide di produrre biciclette non può non inserirsi in modo consapevole, e in questo risiede anche la grandezza dell’artigiano, in una storia. Per fare questo serve esperienza non facilmente acquistabile. Anche in questo caso serve studio ed esperienza. A mio modo di vedere più l’artigiano riesce ad appropriarsi in modo consapevole della cultura ciclistica a lui più congeniale più riuscirà a produrre un oggetto denso di valore.
Questo è un passaggio difficile. L’appropriazione di una cultura di riferimento, intesa come modalità di elaborazione di problemi e di ricerca di soluzioni necessita di una grande sensibilità da parte dell’artigiano.
E questo mi serve per avvicinarmi all’ultima competenza: saper “trattare” la committenza. Aggiungerei forse per essere estremo, che il trattare include anche la capacità di costruire una committenza.
Ma fermiamoci sulla gestione della committenza.
Provo a dirlo con le parole di un antiquario belga, Alex Vervoort:
“Quando inizio a lavorare con un nuovo cliente, il mio primo problema è di conoscerlo meglio: lo invito al Kanaal, il nostro showroom in Antwerp, e lo conduco al mio castello dove pranziamo assieme. Chiedo al nuovo cliente un sacco di cose: cosa gli piace e non gli piace, come vive, quanti figli ha. Quando il cliente mi chiede di ristrutturare la sua casa, è per me importante che, alla fine dei lavori, si senta a casa sua. Tramite gli oggetti d’arte, il mio obiettivo è quello di usare la ristrutturazione della casa per fare un ritratto del cliente. Desidero che il mio cliente scopra se stesso. Usualmente divento grande amico dei miei clienti. I miei clienti hanno bisogno di amare l’arte o di essere introdotti all’arte. Gli oggetti con un valore artistico, preminente su quello d’uso, sono molto importanti nel mio lavoro di ristrutturazione degli interni” (tratto da Vervoordt, A. (2008). Designers Tell All. Architectural Digest, 1).
Cosa fa il nostro antiquario di altissimo livello: cerca di analizzare la domanda del suo cliente e per farlo entra in relazione “intima” con lui.
Questo per me è trattare la committenza dal punto di vista di un artigiano che produce oggetti preziosi.
Si tratta di mettere la propria competenza, tecnica e culturale, al servizio dell’esplorazione di una domanda di un potenziale cliente, che vuole un oggetto molto esclusivo.
L’esclusività a mio modo di vedere non risiede nell’essere l’unico uomo al mondo che posside quell’oggetto (ci può essere anche questo desiderio, ma non è centrale nel mio discorso) ma sta nel poter trovare un’interlocuzione che attraverso un percorso di “ascolto competente” permetta al cliente in questione di realizzare il suo sogno.
E l’unico modo che ha per fare questo è quello di accettare il dialogo con l’artigiano. Si tratta di un lavoro complesso che implica due interlocutori molto motivati: l’aspetto economico è solo parzialmente rilevante, visto che i livelli di analisi della domanda da parte dell’artigiano possono implicare diversi stadi di approfondimento.
Ma il nostro antiquario d’alto bordo, dice qualche cosa in più: i suoi clienti hanno bisogno di amare l’arte e di essere introdotti. Una parte del suo lavoro consiste anche nel trovare il modo di “educare” (e-ducere, portare a sé) il cliente all’arte. In questo risiede un nodo importante: l’artigiano con la sua cultura ha la possibilità di educare una committenza al bello biciclistico. Non si tratta solo di un’operazione economica, ma di un vero e proprio lavoro culturale. Lavoro che penso non possa e non debba essere svolto solo dall’artigiano.
In tal senso, penso che Orme, ma forse gli esausti lettori potranno scovare molte altre esperienze similari, cerchi di fare quanche questo: fare cultura intorno alla bicicletta.
Non è facile, può sembrare un lavoro elitario ma a mio modo di vedere non lo è: la ricerca del Bello e la realizzazione dei propri desideri penso siano strade da insegnare ai nostri figli, sani principi contro le derive della disillusione. Capire cosa si desidera e cosa si vuole, e farlo, attraverso la relazione “intima” con una persona (l’artigiano in questo caso) che ci sta ad ascoltare e mette a nostro servizio la sua compenza, penso sia un’esperienza di grande importanza e valore in sé. Se poi produce anche una bella bicicletta tanto meglio.
Si mi direte, ma che cos’è una bella bicicletta? Come è fatta? Non posso che invitarvi a cercare la risposta, ognuno ha la sua: non solo il risultato ma anche il processo attraverso cui lo si realizza è importante.
Lunga vita agli artigiani e ai loro clienti esigenti.
Rimane aperta la questione dei “nodi culturali” che servono per sostenere un lavoro artigianale di questo tipo?
Alla prossima!

Contributo di Emanuele Bruno "Ema" Gandolfo

lunedì 15 febbraio 2010

Ibis Hakkalügi

Non è certo degna del miglior bon ton l'ispirazione che ha coniato il nome Hakkalügi.
Pare infatti che derivi da "hack a lugi" che in inglese corrisponderebbe più o meno all'esortazione di tirare uno sputo per eliminare, con molta probabilità, il fango che ci si ritrova in bocca...
D'altro canto il ciclocross non è competizione, freddo e fango?
Ibis Hakkalügi. (foto alta risoluzione)
Photogallery
more info: ibiscycles.com
Ibis in Italia è distribuito da 4guimp.it
Si ringrazia Idita Bike per la collaborazione.

venerdì 12 febbraio 2010

English Cycles - Special Winter Bike Project

(images courtesy of englishcycles.com)
Di necessità virtù. La necessità sarebbe affrontare al meglio le problematiche invernali, mentre la virtù diventa la dote di trasformare quello che potrebbe essere definito un rimedio per la brutta stagione in un'affascinante sperimentazione che coniuga tecnologia ed estetica.
E' diversa, ma nel suo essere diversa ha colto la nostra attenzione. E ci piace.
Special Winter Bike Project di English Cycles è un'idea che, pur mantenendo la geometria e le caratteristiche della bici da strada, sfrutta diverse soluzioni per affrontare le strade invernali fredde e bagnate. Parafanghini, trasmissione a cinghia (quindi nessun problema di lubrificazione), cambio interno al mozzo, freni a disco e portapacchi posteriore integrato al telaio.
Speriamo piova e faccia freddo.

more info: englishcycles.com

giovedì 11 febbraio 2010

Andy Hampsten & Hampsten cycles

(image courtesy of rapha.cc)
Andy Hampsten. Quanti di voi ricorderanno la sua storica immagine sul gelido passo Gavia durante il Giro del 1988?

Sul sito di Rapha, esclusivo marchio di abbigliamento che si pone contro tendenza al "lycra racing style", c'è un'intervista al campione statunitense che ha saputo farci sognare assieme ad un servizio fotografico che lo vede protagonista sulle strade del Colorado.
(images courtesy of hampsten.com)
Allo stesso tempo - certi che ne siete a conoscenza ma se non lo foste c'è orme per anche per questo - vorremmo segnalarvi che oggi Hampsten è anche un marchio di biciclette che si differenziano per una visione della strada fuori dal coro. Un esempio su tutti il modello Leger della gamma Tournesol. Non perdetevi neppure lo splendido esercizio di stile Tournesol su tema porteur.
more info: hampsten.com

martedì 9 febbraio 2010

Santa Cruz Nomad 2.0

Curva di progressione rivista per il VPP di seconda generazione. Biella superiore in carbonio, biella inferiore dotata di ingrassatore. Carro posteriore accorciato e tubo orizzontale più lungo. 300 grammi più leggera della versione precedente e un interessante attacco ISCG 05 pratico per tendicatena o per Hammerschmidt.
Bla bla bla. Bla bla bla.
Cosa potremmo dire sul Nomad 2.0 che non sia già stato detto?
Cosa si dovrebbe scrivere su una bicicletta che con il suo debutto ha definito un nuovo canone estetico e funzionale per il segmento? E che con la seconda generazione ottimizza ulteriormente la sua performance ponendola tra le protagoniste indiscusse del mondo enduro.
Forse il miglior modo di celebrare Nomad 2.0 di Santacruz è condurla su magistrali percorsi adatti al suo carattere, magari quelli che hanno fatto da sfondo alla gara del Superenduro di Sestri Levante, per godere di un'ottima bici in una giornata di piacevole sole in questo inverno infinito.
Santa Cruz Nomad (foto alta risoluzione)
more info: santacruzbicycles.com
Santa Cruz è distribuita in Italia da DSB.

lunedì 8 febbraio 2010

Declino e disillusione della bicicletta artigianale italiana?

Quale è uno dei paesi che ha la miglior tradizione telaistica artigianale se non l'Italia? Quale è uno dei paesi a cui i migliori artigiani internazionali della bicicletta si ispirano e dove idealmente ambientano le loro realizzazioni con nomi che fanno tanto penisola, caffè e spaghetti? Inutile negarlo. L'Italia aveva una cultura dell'artigianato della bicicletta che nessun altro paese aveva. Aveva e ora pare avere dimenticato. Mentre dall'altra parte dell'oceano stiamo assistendo ad una rinascita neoclassica della congiunzione saldobrasata, ad una rivalutazione della bicicletta di alta gamma come un prodotto su misura come può essere un abito sartoriale, in Italia non ve ne è quasi più traccia. Gli americani sognano la strada tra le colline toscane al sole percorsa con una bicicletta artigianale italiana, non possono ricostruire le colline toscane ma invece la bicicletta se la fanno e bene attingendo anche dalla nostra tradizione. Invece in Italia se un appassionato di biciclette artigianali vuole sognare, ha ben poco spazio di azione e prima o poi sconfina nel mondo del NAHBS e dei costruttori artigianali nord americani che ad oggi sono la realtà più attiva, energica e felicemente motivata. Gli artigiani americani costruiscono una bicicletta con chiara ispirazione europea se non italiana, e in Italia che di artigiani veri artisti della bicicletta ce ne erano in abbondanza nei decenni scorsi manca quasi totalmente questo concetto di artigianato sartoriale? Perchè? Perchè non c'è mercato? O perchè non ci si crede più, e come succede in altri settori la vera cultura del manufatto artigianale italiano, anzi diciamo pur artistico, non è più considerato credibile e viene quasi scippato da un internazionalità che ne fa un prodotto d'elite straniero con ispirazione nostalgica di un Italia che non c'è più....
Pur custodendo amorevolmente i pochi maestri dell'artigianato italiano sopravissuti, rivorremmo il trionfo degli artigiani italiani della bicicletta e la loro felice attività che li ha resi assoluti protagonisti negli anni passati...

venerdì 5 febbraio 2010

Yakkay

(image courtesy of yakkay.com)
So che siete tra quelli che non hanno nessun problema ad entrare al bar per il caffè continuando ad indossare il vostro casco. In ogni caso però sappiate che c'è la possibilità di avere in testa un casco e passare inosservati, anzi, fare una gran bella figura. Smart One di Yakkay. Sicurezza e stile non hanno probabilmente mai trovato un così felice sodalizio. Un casco per l'utilizzo urbano, omologato secondo le norme di sicurezza vigenti, ed un elegante cover disponibile in diversi stili e tessuti.

more info: yakkay.com

giovedì 4 febbraio 2010

ATZ fork

ATZ. Una forcella che rimane un'icona della sperimentazione sulle prime biciclette da discesa nei primi anni novanta. Parlando di ATZ è Impossibile non menzionare Philippe Perakis, e la sua bicicletta Cilo che utilizzava questa forcella adattandone il funzionamento anche sulla sospensione posteriore. Impossibile non ricordare Giovanna Bonazzi e le sue prime immagini con bicicletta Princycles, forcella ATZ e disc drive Tioga.
Ruvida, grottesca e grossolona, ma capace di rilasciare ancora piccoli brividi.
.. Dal retro bottega di Princycles, che ringraziamo per la visione.

mercoledì 3 febbraio 2010

Rouleur magazine

(image courtesy of rouleur.cc)
La strada attraverso un occhio diverso, insolito e di qualità.
Rouleur magazine

martedì 2 febbraio 2010

lunedì 1 febbraio 2010

Tweed Ride

(image courtesy of tweedpdx.com)
Leisurely cycling. Un'elegante parata ciclistica in rigoroso stile tweed. Non una rievocazione storica, semplicemente un pretesto per celebrare al contempo eleganza e bicicletta. Il tweed ride è fenomeno di sub-cultura ciclistica che si sta espandendo a macchia d'olio nelle comunità più attive dell'avanguardia ciclocentrica.

Tweed Ride Portland - tweedpdx.com
Tweed Ride Boston - bostontweed.blogspot.com
Tweed Ride San Francisco - sftweed.com
Tweed Ride Philadelphia - tweedride.phillyfixed.com