mercoledì 27 aprile 2011

Iditarod e Biancaneve


(images courtesy of ausiliapedala.blogspot.com)
La chiamano Biancaneve. E mai soprannome fù più appropriato. E' Ausilia Vistarini. La conosciamo come instancabile pedalatrice. E ora da pochi giorni è la prima donna ad aver percorso l'Iditarod con una bicicletta singlespeed. 32x22 il rapporto, 350 miglia percorse e -38 la temperatura minima. Questi solo alcuni numeri per rendere l'idea.

orme - Una donna. In alaska. In bici. E singlespeed. Potresti spiegare al  resto delle donne come si fa?   

Ausilia - Sono una donna che nella vita di ogni giorno ha tante paure e tante difficoltà. Per non finire dall'analista ho iniziato a pedalare... tutto qui... poi man mano che si percorre la strada si incontra gente, si conoscono nuovi orizzonti, si sogna. Il sogno dell'Iditarod è nato sentendo i racconti entusiasti di un amico che vi era stato, il sogno è cresciuto moltissimo accompagnando il mio compagno Sebastiano negli allenamenti per la sua preparazione lo scorso anno.... e una volta che il sogno si fa così strada "dentro" poi non resta che fare altro che inseguirlo e cercare di viverlo, anche se questo vuol dire sacrifico e rinunce. Perchè in singlespeed?? Semplicemente per complicarmi le cose... e per dimostrare a me stessa di essere in grado di fare una cosa che in tanti mi hanno sconsigliato di fare... c'è più gusto nel riuscirci... e poi adoro pedalare in monomarcia... è tutto più semplice: quando il fondo diventa impossibile da pedalare si scende... ogni ostacolo può essere superato, con calma e pazienza... senza fretta... pedalare in singlespeed mi aiuta a vivere anche il quotidiano in singlespeed.. con una marcia sola, con semplicità  in un mondo che non fa altro che costruire complicazioni...
 
orme - 5 giorni, 50 ore e 50 minuti. In realtà quanto sono durati?  
Ausilia - Ora che sono a casa nello spazio dei ricordi questo tempo si dilata... ma durante la gara è strano... perchè si pensa solo al momento presente... non c'è quello che si è appena passato e non si pensa ancora a quello che sarà... si ottimizza il momento senza il peso del tempo...
 
orme - Toglici una curiosità. In Alaska la birra è in frigo o fuori dalla finestra? 
Ausilia - Assolutamente in frigo, perchè fuori dalla finestra ghiaccia.
 
orme - Come spieghi che l'edizione di quest'anno, la prima a cui partecipi, è stata baciata dal sole? 
Ausilia - Biciclista aveva disegnato per me e Seba una divisa con il profilo di un sole all'orizzonte... pensavo che se il tempo fosse stato così grigio e buio, come nell'edizione dell'anno precedente, vedere davanti a me un bel sole sulla divisa di Seba che mi precedeva  mi avrebbe dato conforto... Il Cielo ci ha fatto il dono meraviglioso di un cielo terso senza nuvole per tutta la durata della gara e il privilegio di assistere al miracolo dell'aurora boreale...
 
orme - Cos'hai pensato spingendo la bici su per il Rainy Pass con Sebastiano  al fianco e tanti amici a casa che pensavano a voi due con quel misto  di apprensione e di ammirazione che solo poche persone sono in grado  di generare? 
Ausilia - Il Rainy Pass era per me prima della gara il mio grande spauracchio perchè nei film che avevo visto sulla gara era sempre stato l'ostacolo più temibile e quello che aveva costretto alla resa molti partecipanti... nella mia testa pensavo (erroneamente... perchè la parte più difficile della gara viene dopo!) che se fossi stata in grado di vincerlo sarei arrivata al traguardo... l'ho affrontato carica di buone energie... l'aurora boreale dopo qualche ora di cammino... il cielo meravigliosamente azzurro nella progressione... il vento che spezzava il silenzio... con Seba che mi apriva la traccia... Quando siamo arrivati al Passo abbiamo gridato forte un saluto alla nostra amica Franca e un grazie a chi era con noi in quel momento... è stato meraviglioso!
 
orme - Lacrime di gioia e di disperazione. Ovvero il momento più emozionante e il più duro della tua avventura. 
Ausilia - Il momento più duro arrivati in prossimità dell'ultimo check point, la casa dei coniugi Petruska, che non sapevamo quale fosse fra la manciata di case sulla collina, quando il mio fisico non aveva più la forza nemmeno di fare un passo e la testa era impaurita per il freddo che non riusciva a controllare...
Il più emozionante a venti km dal traguardo quando un vento a favore alzava un velo di neve che sembrava essere un'onda del mare con il tramonto all'orizzonte...mi sono messa a piangere... una sensazione di leggerezza e gioia senza misura.

 
orme - Di che colore è il freddo? 
Ausilia - E' un meraviglioso azzurro che si perde nel bianco... che esce dal bianco.

martedì 26 aprile 2011

domenica 24 aprile 2011

The shallows, ovvero come la bici ci rende più intelligenti.

Sono un po' stracco ed invece di uscire in bici o fare le ultime gite sciistiche primaverili, mi ritrovo disteso in divano a leggere "The Shallows" di Nicholas Carr. Il sottotitolo dice: cosa Internet sta facendo alla nostra mente" e il sotto-sottotitolo si domanda se Google ci stia rincretinendo. E' un affascinante viaggio dentro le scienze cognitive, un excursus temporale dall'inizio della scrittura (i Sumeri e gli Egiziani) agli hyperlink dell'era digitale. Carr scriva in maniera tecnica ma allo stesso limpida e molto americana, cioè stringata e chiara anche a chi non è del settore (io, per esempio). L'autore racconta il passaggio dalla lettura lineare, cioè libri, a quella definita da uno scienzato ad "F". F vuole descrivere come gli occhi del lettore si muovano seguendo a grandi linee la forma di una F, scansionano cioè la pagina a velocità supersonica passando da una zona all'altra cercando di cogliere il succo del testo senza fermarsi nei dettagli. F sta anche per "fast". Il dubbio è: troppi stimoli ci rendono superficiali e distratti? La risposta è: non ho finito il libro. Mi manca poco però ed in linea di massima posso dire che non stiamo diventando deficienti a causa di internet. Gli hyperlink costringono, se ho capito bene, i neuroni ad un'attività diversa da quella tradizionale, forzando il cervello verso una rimappatura continua. Questa malleabilità cerebrale è chiamata "neuroplasticità" e di fatto permette al cervello di adattarsi alle situazioni. Le cellule celebrali infatti si comportano secondo gli impulsi che ricevono e più ne ricevono, più si adeguano, seguendo quello che uno scienziato, parafrasando il "survival of the fittest" di Darwin, ha definito "the survival of the busiest" (più un neurone è bombardato da uno stimolo, più si adatta). Tutto questo per dire? Che in questi giorni forse farei meglio ad andare a pulire i sentieri dai detriti dell'inverno. Ma c'è un tempo per la bici ed un tempo per la lettura ed in questi giorni prevale il secondo. Foraggiato da una tavoletta di Ritter, mentre ero immerso nella lettura, il mio cervello si poneva la domanda: se vado tanto in bici, gli stimoli che ricevo mi rimodellano il cervello e da stordito che sono, posso forse aspirare alla sanità mentale? Ho qualche dubbio ma visto che da che da qui non mi muovo e visto che sto leggendo se Goggle ci rende stupidi, tanto vale che provi in prima persona. Vado nel motore di ricerca e digito: "is cycling making us smarter?". L'inglese non è per fare lo sborone ma perchè sappiamo che quella lingua è l'esperanto della scienza, la lingua unica della ricerca. I risultati non sono moltissimi ma visto che di hyperlink si parla, hyperlink sia. Ne seguo diversi, due in modo particolare sono interessanti. Uno ha proprio come titolo quello che ho digitato su Google, l'altro è un link contenuto dentro questo post e rimanda ad un articolo del Wall Street Journal. Per farla breve e perchè ho l'improvvisa epifania che sto scrivendo in un blog di bici, cerco di sintetizzare. Scopro che tutte le ricerche portate avanti in questi ultimi anni, concordano che una moderata attività sportiva, come l'andare in bici, ha un effetto positivo sul nostro cervello. Una maratona, no, ma dei chilometri in bici, si. In generale tutta l'attività fisica aiuta il cervello a funzionare meglio, rallentandone il decadimento e rendendolo più duttile ed attento. Uno studio del 2004 pubblicato nei "Proceedings of the National Academy of Sciences" mostra che dell'attività aereobica produce un drammatico miglioramento della memoria a breve termine (traduco dall'inglese "short term memory) che è quella parte del nostro cervello che funziona come la ram del computer. Tutto questo è una grande figata e non posso che meravigliarmi del potere dell'esercizio fisico e del potere della scienza.
Ho poi un momento di smarrimento e penso a cosa dicevano i Romani.
"Mens sana in corpore sano".
Domani faccio il primo giro della stagione.
Ciao.
Marcello.

sabato 23 aprile 2011

La bici e la speranza (nella critica moderna).



Confesso. Sono manicheo. Ho speranza. Ma anche no.
Leggo di una polemica in corso a riguardo la costruzione di un nuovo piccolo centro commerciale in una città vicino a dove abito. La critica più ovvia è che non ha senso offrire altre opportunità di acquisto in una zona che soffre già di eccesso di offerta. Vero ma secondo me il punto è un altro. Le aree commerciali sono di norma al di fuori dei centri abitati, ne consegue che per andare a visitarli la stragrande maggioranza delle persone usi la macchina. Il risultato primo è la congestione delle città, troppe macchine in troppo poco spazio ma credo che il vero danno sia un altro. Senza persone le città muoiono. Può sembrare un sillogismo azzardato, sta di fatto che se non c'è gente che cammina per il centro città per andare a fare qualcosa - comperare il pane, spedire la posta, provare un paio di scarpe, incontrare gli amici al bar - le città perdono ragione di esistere e si limitano ad essere zone di transito per automezzi (andate negli Stati Uniti e capite di cosa parlo). Proprio quando in nord America è in corso un tentativo di europeizzazione delle città, cioè di rendere le vie cittadine un punto di aggregazione, in Italia pare stia avvenendo l'opposto. Invece di rivitalizzare i centri cittadini, si preferisce urbanizzare le periferie con conseguente deleterio fenomeno urbanistico conosciuto come sprawl. Un'estensione indefinita della città, che perde questo nome e si transforma in regione metropolitana, troppo estesa per essere percorsa a piedi o in bici e voilà, siamo un mondo macchinocentrico ed io mi trasferisco all'estero. Copenhagen, secondo il video in apertura, negli anni sessanta era soffocata dalle auto. Per rendere la città più sicura, meno inquinata e più vivibile, si è pensato di riprendere dello spazio dalle strade e di dedicarlo alle bici (street-reclaiming, per voi anglofili). In pochi anni, la bici si è trasformata nel modo più veloce ed efficiente di spostarsi da un punto all'altro della città. L'arteria principale, dove è presente un conta ciclisti elettronico, vede più di 20.000 passaggi al giorno, quasi il 40% della popolazione si sposta sulle due ruote, l'obiettivo è di arrivare al 50% entro il 2015. Questo in barba al tempo inclemente ed al fatto che non si può esibire la propria Porsche. Il video invita alla speranza. Posti macchina vengono convertiti in parcheggi coperti per cargo bike, quelle bici da trasporto che stanno diventando elemento di distinzione neo-radical-chic negli Stati Uniti ma che in Danimarca non sono usati per fare lo struscio ma per portare i figli a scuola. La velocità per le automobili in molte zone è limitata a 30 km/h e dove c'erano posti macchina adesso ci sono panchine e patio dei bar. Il che significa posti dove fermarsi a parlare ed a socializzare e portando avanti il sillogismo di sopra ma al contrario, più le persone, maggiore la vitalità (anche per i commercianti). Morale e banalizzando, la bici è più che una bici. Si sapeva che era un mezzo di trasporto, forse non sapevate che era anche un mezzo di comunicazione.

Ciao.
Marcello

lunedì 18 aprile 2011

Bike Snob NY (il libro)


Nessuna pretesa di fare una recensione. Non sono un critico, non sono critico. Ho letto un libro e volevo discuterne con voi. Libro in questione: Bike Snob NY. Se non conoscete signifca che non fate parte dell'intelligentsia ciclistica.Il solo fatto di conoscere qualcosa nella moderna arte delle pubbliche relazioni di sè stessi, significa dimostrare un senso di appartenenza. Conosco quindi sono (parte di). Poco importa quanto profonda possa essere la vostra conoscenza e quanto insulso possa essere l'argomento. In società la capacità di sapere disquisire di argomenti "cool" vi garantisce una posizione più alta nella catena alimentare.
Il libro si intitola:"Systematically and mercilessly realigning the word of cycling", tipo "sistematicamente ed impietosamente mettendo il riga il mondo del ciclismo". Leggo ogni tanto il suo blog e se posso dire mi sembra un tantino sopravvalutato. Non che non abbia verve ma a me sembra un fenomemo della rete più che un reale caso (socio-cultural) letterario. Ha qualche spunto simpatico ma è logorroico ed io non riesco a finire di leggere i suoi post (mentre posso leggere lunghi articoli di Wired oppure, gasp, interi libri). La prima metà del libro è un po' come un disco dei Midlake. Scorre in sottofondo. E' un po' manieristico nel senso che cerca di essere molto sè stesso, che vorrebbe dire che perpetua e santifica l'immagine che gli altri hanno di lui (o lui di sè stesso). Nella seconda parte, il libro cambia un po' registro. E' più veloce e la sua critica è più incisiva. Mi ha fatto riflettere quando prende in giro chi umanizza la bici e la rende dotata di anima, specificando peraltro che solo bici italiane vintage possono averla mentre un prodotto di massa cinese è destinato a restare un insieme di tubi e nient'altro. Se posso dire, ha ragione. Lo dico contro me stesso, ma come direbbe Emily Dickinson una bici è una bici è una bici. Scadiamo nel demenziale light quando mettiamo un prodotto di acciaio temprato (alluminio/titaninio/carbonio) su un piedistallo e lo veneriamo. In questo senso Bike Snob smonta con una certa efficacia il pensiero ciclistico radical chic di cui pure lui stesso fa parte. Non direi che è un fustigatore di costumi, piuttosto ha una visione distaccata ma partecipe (ossimoro, lo so) del mondo della bici ed in qualche modo ed in qualche momento sintetizza con ironica delicatezza le contraddizioni e le manie di noi tutti. Messaggio finale del libro mi sembra essere: è una bici, non prendetela (non prendetevi) troppo sul serio.
Mi pare tutto.
ciao.
marcello

La Stazione delle Biciclette

Esiste in Italia un negozio che ha come primo argomento la mobilità urbana a pedali e il viaggio in bicicletta. Ma non solo. E' la Stazione delle Biciclette di San Donato Milanese. Siamo rimasti felicemente colpiti dalla loro passione e da una spiccata sensibilità che li vede sempre attenti ad organizzare serate ed eventi che fondono cultura e bicicletta.
Ultimo tra questi, e al quale abbiamo avuto il piacere di assistere, è la serata organizzata all'interno del negozio e dedicata al Nahbs; protagonisti dell'appuntamento Tiziano Zullo, Pitz Cycles e Legor Cicli che hanno intrattenuto una schiera di veri appassionati.

lunedì 4 aprile 2011

Il succo è un altro


Su un passo, nel parco delle foreste del Casentino. Ore 18.45 di un qualsiasi giovedì. "Piano man" di Elton John e Billy Joel diffuso dall'autoradio. Oggi non vale la pena annoiarvi decantando i soliti sentieri. Il succo è un altro. Padre e figlio che al tramonto giocano a carte ascoltando buona musica. In un luogo splendido, e lontano da tutto e tutti. Questa è la scena che ha incrociato la mia pedalata oggi. Caspita.