Provo ad addentrarmi in un campo che non conosco ma che mi incuriosisce. Declino, disillusione, bicicletta, artigianato. Quattro parole dense di significati. Prese tutte insieme mi spaventano. Provo a sezionarle per vedere cosa contengono. Delle prime due molto si potrebbe dire, fiumi di inchiostro sono stati consumati per cercare di definire il crollo delle ideologie e la “nascita” del post-moderno. Non mi addentro nel campo, troppo pericoloso.
Della terza, la bicicletta, dirò qualche cosa, ma è sulla quarta che mi voglio concentrare. L’artigianato. Su quella voglio provare ad agire.Provo, mi faccio aiutare dal mio fido e vetusto Zingarelli.
L’artigianato, recita il vocabolario, è l’attività produttiva posta in essere dagli artigiani. Si rasenta la tautologia! E allora chi sono questi artigiani. Sempre lo Zingarelli dice che gli artigiani sono coloro che producono beni o prestano servizi impiegando il proprio lavoro, anche manuale, in maniera prevalente rispetto al capitale investito nell’impresa. Qualche aiutino in più arriva ma non basta. Inizio a capire che questi benedetti artigiani lavorano anche con le mani, producono oggetti. E va bene questo lo sapevo già. Provo allora a farmi guidare dall’etimo della parola. Artigiano contiene il sostantivo latino artes, arti, da cui deriva poi l’aggettivo artènsis, colui che esercita un’arte. La storia si complica e diventa interessante. L’artigiano è una persona che produce degli oggetti con le proprie mani, ma questi oggetti includono un quid che li avvicina all’opera artistica.
Ma che “mostri” sono questi artigiani?
L’artigianato, recita il vocabolario, è l’attività produttiva posta in essere dagli artigiani. Si rasenta la tautologia! E allora chi sono questi artigiani. Sempre lo Zingarelli dice che gli artigiani sono coloro che producono beni o prestano servizi impiegando il proprio lavoro, anche manuale, in maniera prevalente rispetto al capitale investito nell’impresa. Qualche aiutino in più arriva ma non basta. Inizio a capire che questi benedetti artigiani lavorano anche con le mani, producono oggetti. E va bene questo lo sapevo già. Provo allora a farmi guidare dall’etimo della parola. Artigiano contiene il sostantivo latino artes, arti, da cui deriva poi l’aggettivo artènsis, colui che esercita un’arte. La storia si complica e diventa interessante. L’artigiano è una persona che produce degli oggetti con le proprie mani, ma questi oggetti includono un quid che li avvicina all’opera artistica.
Ma che “mostri” sono questi artigiani?
Una prima idea che mi viene alla mente è che questi artigiani sono persone che producono oggetti che al loro interno hanno qualche cosa di speciale.
Difficile da definire, ma molto ricercato, e molto ben remunerato. Non si tratta solo di pagare un oggetto per le ore spese a produrlo, o per la qualità intrinseca delle sue componenti materialia, c’è dell’altro! Dal mio punto di vista quello che rende prezioso un oggetto artigianale è data da un insieme di qualità. Quali sono le qualità dell’artigiano, dell’uomo (o donna che sia) che produce oggetti artigianali?
Secondo me sono tre: la competenza tecnica, la cultura e in ultimo la competenza a “trattare” la committenza. A questo punto devo fare entrare in scena la bicicletta, per cercare di spiegare meglio cosa intendo per qualità. La competenza tecnica. Si tratta di un insieme di conoscenze ad ampio spettro che riguardano operazioni manuali e di progettazione che un artigiano che costruisce biciclette deve possedere. Dovrà conoscere i materiali in modo approfondito, sapere come legarli fra loro, dovrà essere in grado di ingentilire il loro aspetto (verniciatura). Dovrà avere conoscenze legate all’uso del mezzo ciclopedalatorio, dovrà penetrare le geometrie, i loro significati. E questo si può imparare facendolo e studiandolo. Mi fermo qua perché sono troppo ignorante per addentrarmi in uno specifico di cui so molto poco.
Difficile da definire, ma molto ricercato, e molto ben remunerato. Non si tratta solo di pagare un oggetto per le ore spese a produrlo, o per la qualità intrinseca delle sue componenti materialia, c’è dell’altro! Dal mio punto di vista quello che rende prezioso un oggetto artigianale è data da un insieme di qualità. Quali sono le qualità dell’artigiano, dell’uomo (o donna che sia) che produce oggetti artigianali?
Secondo me sono tre: la competenza tecnica, la cultura e in ultimo la competenza a “trattare” la committenza. A questo punto devo fare entrare in scena la bicicletta, per cercare di spiegare meglio cosa intendo per qualità. La competenza tecnica. Si tratta di un insieme di conoscenze ad ampio spettro che riguardano operazioni manuali e di progettazione che un artigiano che costruisce biciclette deve possedere. Dovrà conoscere i materiali in modo approfondito, sapere come legarli fra loro, dovrà essere in grado di ingentilire il loro aspetto (verniciatura). Dovrà avere conoscenze legate all’uso del mezzo ciclopedalatorio, dovrà penetrare le geometrie, i loro significati. E questo si può imparare facendolo e studiandolo. Mi fermo qua perché sono troppo ignorante per addentrarmi in uno specifico di cui so molto poco.
La seconda competenza: la cultura. La bicicletta ha una storia di circa un secolo, rispetto ad altre forme di artigianato (penso ad esempio alla creazione di gioielli) si tratta di una storia recente ma che ha, con i suoi oggetti biciclici, colonizzato rapidamene il globo.
Un artigiano che decide di produrre biciclette non può non inserirsi in modo consapevole, e in questo risiede anche la grandezza dell’artigiano, in una storia. Per fare questo serve esperienza non facilmente acquistabile. Anche in questo caso serve studio ed esperienza. A mio modo di vedere più l’artigiano riesce ad appropriarsi in modo consapevole della cultura ciclistica a lui più congeniale più riuscirà a produrre un oggetto denso di valore.
Questo è un passaggio difficile. L’appropriazione di una cultura di riferimento, intesa come modalità di elaborazione di problemi e di ricerca di soluzioni necessita di una grande sensibilità da parte dell’artigiano.
E questo mi serve per avvicinarmi all’ultima competenza: saper “trattare” la committenza. Aggiungerei forse per essere estremo, che il trattare include anche la capacità di costruire una committenza.
Ma fermiamoci sulla gestione della committenza.
Provo a dirlo con le parole di un antiquario belga, Alex Vervoort:
“Quando inizio a lavorare con un nuovo cliente, il mio primo problema è di conoscerlo meglio: lo invito al Kanaal, il nostro showroom in Antwerp, e lo conduco al mio castello dove pranziamo assieme. Chiedo al nuovo cliente un sacco di cose: cosa gli piace e non gli piace, come vive, quanti figli ha. Quando il cliente mi chiede di ristrutturare la sua casa, è per me importante che, alla fine dei lavori, si senta a casa sua. Tramite gli oggetti d’arte, il mio obiettivo è quello di usare la ristrutturazione della casa per fare un ritratto del cliente. Desidero che il mio cliente scopra se stesso. Usualmente divento grande amico dei miei clienti. I miei clienti hanno bisogno di amare l’arte o di essere introdotti all’arte. Gli oggetti con un valore artistico, preminente su quello d’uso, sono molto importanti nel mio lavoro di ristrutturazione degli interni” (tratto da Vervoordt, A. (2008). Designers Tell All. Architectural Digest, 1).
Un artigiano che decide di produrre biciclette non può non inserirsi in modo consapevole, e in questo risiede anche la grandezza dell’artigiano, in una storia. Per fare questo serve esperienza non facilmente acquistabile. Anche in questo caso serve studio ed esperienza. A mio modo di vedere più l’artigiano riesce ad appropriarsi in modo consapevole della cultura ciclistica a lui più congeniale più riuscirà a produrre un oggetto denso di valore.
Questo è un passaggio difficile. L’appropriazione di una cultura di riferimento, intesa come modalità di elaborazione di problemi e di ricerca di soluzioni necessita di una grande sensibilità da parte dell’artigiano.
E questo mi serve per avvicinarmi all’ultima competenza: saper “trattare” la committenza. Aggiungerei forse per essere estremo, che il trattare include anche la capacità di costruire una committenza.
Ma fermiamoci sulla gestione della committenza.
Provo a dirlo con le parole di un antiquario belga, Alex Vervoort:
“Quando inizio a lavorare con un nuovo cliente, il mio primo problema è di conoscerlo meglio: lo invito al Kanaal, il nostro showroom in Antwerp, e lo conduco al mio castello dove pranziamo assieme. Chiedo al nuovo cliente un sacco di cose: cosa gli piace e non gli piace, come vive, quanti figli ha. Quando il cliente mi chiede di ristrutturare la sua casa, è per me importante che, alla fine dei lavori, si senta a casa sua. Tramite gli oggetti d’arte, il mio obiettivo è quello di usare la ristrutturazione della casa per fare un ritratto del cliente. Desidero che il mio cliente scopra se stesso. Usualmente divento grande amico dei miei clienti. I miei clienti hanno bisogno di amare l’arte o di essere introdotti all’arte. Gli oggetti con un valore artistico, preminente su quello d’uso, sono molto importanti nel mio lavoro di ristrutturazione degli interni” (tratto da Vervoordt, A. (2008). Designers Tell All. Architectural Digest, 1).
Cosa fa il nostro antiquario di altissimo livello: cerca di analizzare la domanda del suo cliente e per farlo entra in relazione “intima” con lui.
Questo per me è trattare la committenza dal punto di vista di un artigiano che produce oggetti preziosi.
Si tratta di mettere la propria competenza, tecnica e culturale, al servizio dell’esplorazione di una domanda di un potenziale cliente, che vuole un oggetto molto esclusivo.
L’esclusività a mio modo di vedere non risiede nell’essere l’unico uomo al mondo che posside quell’oggetto (ci può essere anche questo desiderio, ma non è centrale nel mio discorso) ma sta nel poter trovare un’interlocuzione che attraverso un percorso di “ascolto competente” permetta al cliente in questione di realizzare il suo sogno.
E l’unico modo che ha per fare questo è quello di accettare il dialogo con l’artigiano. Si tratta di un lavoro complesso che implica due interlocutori molto motivati: l’aspetto economico è solo parzialmente rilevante, visto che i livelli di analisi della domanda da parte dell’artigiano possono implicare diversi stadi di approfondimento.
Ma il nostro antiquario d’alto bordo, dice qualche cosa in più: i suoi clienti hanno bisogno di amare l’arte e di essere introdotti. Una parte del suo lavoro consiste anche nel trovare il modo di “educare” (e-ducere, portare a sé) il cliente all’arte. In questo risiede un nodo importante: l’artigiano con la sua cultura ha la possibilità di educare una committenza al bello biciclistico. Non si tratta solo di un’operazione economica, ma di un vero e proprio lavoro culturale. Lavoro che penso non possa e non debba essere svolto solo dall’artigiano.
In tal senso, penso che Orme, ma forse gli esausti lettori potranno scovare molte altre esperienze similari, cerchi di fare quanche questo: fare cultura intorno alla bicicletta.
Non è facile, può sembrare un lavoro elitario ma a mio modo di vedere non lo è: la ricerca del Bello e la realizzazione dei propri desideri penso siano strade da insegnare ai nostri figli, sani principi contro le derive della disillusione. Capire cosa si desidera e cosa si vuole, e farlo, attraverso la relazione “intima” con una persona (l’artigiano in questo caso) che ci sta ad ascoltare e mette a nostro servizio la sua compenza, penso sia un’esperienza di grande importanza e valore in sé. Se poi produce anche una bella bicicletta tanto meglio.
Si mi direte, ma che cos’è una bella bicicletta? Come è fatta? Non posso che invitarvi a cercare la risposta, ognuno ha la sua: non solo il risultato ma anche il processo attraverso cui lo si realizza è importante.
Lunga vita agli artigiani e ai loro clienti esigenti.
Rimane aperta la questione dei “nodi culturali” che servono per sostenere un lavoro artigianale di questo tipo?
Alla prossima!
Questo per me è trattare la committenza dal punto di vista di un artigiano che produce oggetti preziosi.
Si tratta di mettere la propria competenza, tecnica e culturale, al servizio dell’esplorazione di una domanda di un potenziale cliente, che vuole un oggetto molto esclusivo.
L’esclusività a mio modo di vedere non risiede nell’essere l’unico uomo al mondo che posside quell’oggetto (ci può essere anche questo desiderio, ma non è centrale nel mio discorso) ma sta nel poter trovare un’interlocuzione che attraverso un percorso di “ascolto competente” permetta al cliente in questione di realizzare il suo sogno.
E l’unico modo che ha per fare questo è quello di accettare il dialogo con l’artigiano. Si tratta di un lavoro complesso che implica due interlocutori molto motivati: l’aspetto economico è solo parzialmente rilevante, visto che i livelli di analisi della domanda da parte dell’artigiano possono implicare diversi stadi di approfondimento.
Ma il nostro antiquario d’alto bordo, dice qualche cosa in più: i suoi clienti hanno bisogno di amare l’arte e di essere introdotti. Una parte del suo lavoro consiste anche nel trovare il modo di “educare” (e-ducere, portare a sé) il cliente all’arte. In questo risiede un nodo importante: l’artigiano con la sua cultura ha la possibilità di educare una committenza al bello biciclistico. Non si tratta solo di un’operazione economica, ma di un vero e proprio lavoro culturale. Lavoro che penso non possa e non debba essere svolto solo dall’artigiano.
In tal senso, penso che Orme, ma forse gli esausti lettori potranno scovare molte altre esperienze similari, cerchi di fare quanche questo: fare cultura intorno alla bicicletta.
Non è facile, può sembrare un lavoro elitario ma a mio modo di vedere non lo è: la ricerca del Bello e la realizzazione dei propri desideri penso siano strade da insegnare ai nostri figli, sani principi contro le derive della disillusione. Capire cosa si desidera e cosa si vuole, e farlo, attraverso la relazione “intima” con una persona (l’artigiano in questo caso) che ci sta ad ascoltare e mette a nostro servizio la sua compenza, penso sia un’esperienza di grande importanza e valore in sé. Se poi produce anche una bella bicicletta tanto meglio.
Si mi direte, ma che cos’è una bella bicicletta? Come è fatta? Non posso che invitarvi a cercare la risposta, ognuno ha la sua: non solo il risultato ma anche il processo attraverso cui lo si realizza è importante.
Lunga vita agli artigiani e ai loro clienti esigenti.
Rimane aperta la questione dei “nodi culturali” che servono per sostenere un lavoro artigianale di questo tipo?
Alla prossima!
Contributo di Emanuele Bruno "Ema" Gandolfo
Molto bene, si tratta di cultura e della sua trasmissione. O di mancanza di cultura nella nostra società. Mi vengono una serie di domande:
RispondiEliminacome mai a un certo punto si è persa una certa cultura ciclistica?
la concorrenza di aziende sempre più global contribuisce ad abbattere questa cultura?
il marketing è cultura?
le aziende che fanno una produzione seriale non abbattono di certo questa cultura, perchè l'artigianato offre un pezzo unico e che risponde ad una richiesta nettamente differente.
RispondiEliminaperò in italia un po' è successo questo, si è passati dalla produzione "su misura" o quasi, effettuata in casa (o quasi, vedi produzione fatta da terzisti) a produzione completamente seriale per stare dentro un mercato che andava in quella direzione.
RispondiEliminae questo a livello di cultura ciclistica diffusa ha avuto i suoi risultati.
se parli di un telaio in acciaio su misura con il ciclista medio ti guarda come se fossi un alieno, si considera solo il carbonio, se proprio vuoi una bici molto economica in alluminio...