(Images courtesy of myself).
la routine uccide la fantasia. da mesi percorro in bici la stessa strada. pilota automatico. la bici segue un sentiero invisibile. ho cercato nel tempo vie alternative ma sto andando al lavoro, non in vacanza. comunque sia, la strada è conosciuta e gli occhi guardano ma non vedono. solo ieri ho notato un'indicazione che dice: postazioni militari prima guerra mondiale. la sera indifferente al diluvio che si stava preparando, sulla via del ritorno, devio e cerco il posto. passo per questa campagna mortificata ma non al punto di aver perso il sapore della terra. cioè, alcune case sono da abbattimento immediato, ma altri angoli sono caldi di vegetazione e di speranza. non so perchè ho scritto quest'ultima cosa. forse perchè il verde invita al sogno. sia quello che sia, un chilometro scarso e sono vicino a questa buca, in parte e sotto ad un sistema di irrigazione, lungo un campo coltivato a granoturco. e lì trovo i resti di una trincea. un cartello ne racconta la storia. da quando il veneto era austria, passando per la prima guerra mondiale, l'alleanza, la non più alleanza, la difesa, caporetto, il piave e tre linee di difesa, l'ultima delle quali è sotto ai miei piedi. è un caldo afoso pre-pioggia. un venticello avverte che il tempo sta per cambiare registro. il posto è troppo speciale per non fermarsi un po' di più. con la mia bici entro-fuoristrada, con manubrio da corsa e freni a disco, tutta nera e senza scritte, senza adesivi e senza nome. cioè, un nome ce l'ha. si chiama bicicletta e mi ha portato fino a qui. in una strana giornata di agosto. in un posto che ho sfiorato mille volte e mai, mai ho visto. ma si può? si può, si può. si può, se la routine uccide la fantasia.
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