lunedì 2 novembre 2009

Nientemeno è una bella parola

Questa mattina mi sono alzato nientemeno che alle 7. E sono andato a letto nientemeno che a mezzanotte. In pratica non significa niente. Nientemeno.
Comunque, il punto è che raccontare una storia serve a collegare due punti tra i quali spesso non c’è la famosa retta di euclide, ma c’è invece il nulla. Le storie di bicicletta, di pedali e ancor peggio quelle di mountain bike, non si addicono però alla storiografia e neppure alla cronoca. Per loro serve la mitologia. Quella di golia alto 6 cubiti e un palmo, ossia 3 metri. O di Icaro che vola vicino al sole. Con delle ali di cera. Ma per piacere!
Insomma la mitologia si addice alla mtb, come alla caccia e alla pesca, d’altra parte. Mio padre era un cacciatore: non l’ho mai sentito dire la verità. Ma chissenefrega, no? Mica c’è in palio una medaglia. Penso che la verità sia sopravvalutata. Soprattutto dalla mia amica eleonora. Che però ha delle bellissime gambe. Arrivo agli appuntamenti sempre per primo. Sempre in anticipo. Questa mattina, aspettando Tommaso, Edoardo e Nicolò ho fatto a tempo a montare ruota anteriore e posteriore della bici, oliare la catena, vestirmi, comprare il giornale, fare la pipì al bar, prendere il caffè al tavolo, leggere le prime righe di un editoriale di cui ora non ricordo nulla e che forse, per questo, ho letto per niente. Il 10 ottobre è un giorno del cazzo. Immemorabile. Però era il compleanno di uno che conosco che è morto. È un giorno del cazzo lo stesso, temo. Oggi 10 ottobre, ho in programma un paio di sentieri. Niente di che, direte, ma ognuno ha il suo modo di costruire mitologia. Mica si può sempre andare alla conquista di Troia con 700 navi. Pedalare dà il ritmo alle cose, regola il respiro, ti fa stare con te stesso, la natura, la salute… mah. Cazzate secondo me. Pedalare ci fa sentire fichissimi. Delle specie di avventurieri. Degli esploratori dei boschi.
Questo è il punto. E poi c’è la questione del volo. Io non ho mai conosciuto un uomo delle caverne. Neanche uno del medioevo, anche se ricordo bene il film "Il nome della rosa" e ho letto Ivanhoe – uno dei libri più brutti del mondo. Però penso che anche loro abbiamo sempre avuto la fissa del volo. Di staccarsi dal suolo come gli uccelli. E infatti Leonardo disegnò delle macchine volanti. E Icaro, sempre lui, si costruì delle ali di cera. Ma per piacere!
Comunque, il punto è il volo. A me basta poco. Bastano delle ruote e una discesa. Due pedalate con un rapporto lungo. Mi sembra di volare, mi pare che il peso della mia ombra si sollevi dalla mia anima. Basta una curva presa accelerando. Il suolo sotto le ruote si allontana. E poi sparisce. Non lo so quanto costi un’altra vita. Ma so che un single track, un casco in testa e un po’ di coraggio mi fanno sentire altrove e senza ombra. Spendendo molto poco. Non parliamo dei salti poi. Volo per metri. Decine di metri. E atterro sentendo che accelero ancor di più, che il mezzo meccanico mi asseconda. Ma una mtb di fiducia non è solo un mezzo meccanico. Sarebbe come dire che Carla Bruni è solo una donna. O che Ron Jeremy è un tipo coi baffi.
Insomma.
Pedalo ancora più forte. Sento gli altri parlare nel bosco nel tentativo di scattare qualche foto: fa parte della costruzione di una mitologia personale. La mitopoiesi implica infatti una reiterazione, la creazione di una tradizione prima orale – davanti a una birra da Tonetti (come chi è Tonetti?!?) – e poi scritta. Su facebook. Su un forum. Dove non sono ammessi colori spenti, facce tristi, biciclette vecchie, pance sporgenti, dubbi esistenziali, acne o interisti dopo il 5 maggio. Solo eroi. Il mio respiro mi trattiene dallo scomparire, mi ricorda che ho un corpo cui devo rendere conto. Mi è capitato di cadere. Di colpire forte il suolo. In bici intendo, non metaforicamente. Cioè sono caduto anche metaforicamente, ma questa è un’altra storia. Insomma cadere per terra, magari in mezzo ai sassi, fa molto male. Ma soprattutto fa sentire idioti. Dove credevi di andare con quelle cazzo di ali di cera?
Contributo di Andrea "Beppogatto" Benesso

martedì 27 ottobre 2009

Surly Karate Monkey

La bicicletta è un mezzo semplice, che nella sua francescana essenzialità ha anche la magia di essere un attrezzo alla portata economica di tutti. Già, spesso Orme celebra l'eccesso, ciò che è esasperazione di un lusso consumistico legato alla nostra amata a pedali. Ma che ci volete fare, decantando la bellezza della bicicletta sotto ogni suo aspetto spesso la nostra debolezza cade su ciò che brilla e che giustamente è estetica pura. Impossibile riuscire a non decantarla. Ma questa volta vogliamo dimostrarvi che siamo capaci anche del contrario. E che con gusto e attenzione è possibile allestire una bicicletta che può dar filo da torcere anche alle sorelle di rango più nobile. Oggi vi mostriamo una bici unica, affascinante e accessibile a tanti. Portavoce di queste sane intenzioni è questa Surly Karate Monkey. Un marchio diverso, Surly, che presenta idee innovative, in acciaio e a costi popolari. Fatevi un giro sul sito Surly e ammirate questa splendida Karate Monkey SS 29er (HD picture).
Surly in Italia è distribuito da raceware.com
(images courtesy of luca-orlandini.com)

SSCXIS

Continua l'effervescente attività "simil" agonistica degli amici di singlespeed-italy.com. E' tempo di ciclocross, e non ci si accontenta più di aggiudicare solo il titolo di specialità come è ormai di tradizione il giorno della befana al pirotecnico "RockVille". Molto di più. SSCXIS, che varrebbe a dire Singlespeed Ciclocross Italian Series. 4 nuovi appuntamenti, ognuno dei quali nella terra dei gruppi più attivi nel panorama SS. insomma. E' il caso di dire a-correte numerosi.
Per informazioni: singlespeed-italy.com

domenica 25 ottobre 2009

Scavezzon biciclette

Esiste il negozio perfetto? Per chi ha una visione ciclocentrica dell'esistenza il negozio di biciclette poco ha a che fare con le motivazioni oggettive commerciali che diventano solo un futile pretesto. La bottega è un punto di incontro e confronto sul tema della bicicletta. Un po' come accade nel Jazz quando su un tema iniziale ogni musicista si diletta ed improvvisa in base alle proprie visioni. Venerdì orme è entrata nel negozio dei fratelli Scavezzon. Chiunque ami la bicicletta è a conoscenza dell'esistenza di questo celebre punto vendita. Non ricordiamo quante e quali cose riempiono gli scaffali, ma abbiamo ancora davanti agli occhi l'arte di Martino tra selle ricucite, quadri visionari e decorazioni a pennarello; ricordiamo bene i telai ed i componenti vintage mostrati da Andrea con passione sfrenata; ricordiamo l'entusiasmo ed il sorriso di Emilio e la sua officina che trasuda mille avventure. E poi la vecchia scrivania di legno intarsiata all'ingresso, il cane Mina sornione e statuario che osserva incuriosito la nostra visita, la Guv'nor di Pashley in vetrina...
La bicicletta come cultura e non come semplice attrezzo sportivo: questa è stata la sensazione che abbiamo avuto. Tre fratelli e una bottega che contempla la bicicletta nella sua interezza, una visione a tuttotondo del mezzo a pedali che mescola arte, passione e attività sportiva. Martino, Andrea ed Emilio vendono biciclette, ma hanno molto più di questo da offrirvi. Non sappiamo dirvi se esista il negozio perfetto, ma per orme questo è il negozio.
Photogallery
Per informazioni: scavezzon.com

martedì 20 ottobre 2009

Trasmissione a cinghia secondo Paduano

La curiosità è tanta e la disponibilità di Francesco Paduano ancora di più. Ed eccoci accontentati. A seguito del post sulla Caino con cinghia, ed ai commenti sviluppati a riguardo, Paduano racconta per Orme come nasce l'esperienza della trasmissione a cinghia sulle sue biciclette.
Per quanto riguarda le nostre bici con trasmissione a cinghia, fu un colpo di fulmine che mi colpì nel 2008 passando davanti lo stand di Nicolai ad Eurobike (ndr Nicolai distribuisce in Europa le cinghie di trasmissione in carbonio di Gates). Ho pensato subito che le potenzialità di quel progetto fossero enormi. La possibilità di eliminare entrambi i deragliatori e proporre delle bici mutispeed o singlespeed più leggere, più silenziose, meno soggettte ad usura delle parti meccaniche mi entusiasmava. L'assenza del supporto cambio posteriore sul telaio e la mancanza del corpo del cambio posteriore avrebbero garantito alla bici una maggiore resistenza agli urti, molto frequenti nelle uscite off-road. La vera sfida era nel risolvere il principale problema tecnico connesso alla trasmissione a cinghia: trovare il punto più adatto per rendere il nostro telaio apribile e, nel contempo, lasciare inalterata la resistenza della struttura e la sua reattività. La cinghia non è infatti "smagliabile" al pari di una catena e, non potendo per questo aprirsi, impone al telaista di creare il miglior giunto per il carro posteriore. Vidi più di un telaio apribile nel drop out ma pensai subito che quello non fosse il punto più adatto perchè in quell'area insiste un punto di contatto tra mozzo e telaio che esige la massima solidità. Mi ricordai di avere un amico a Roseville, in California, un certo Steve Smilanick, che realizzava dei bellissimi e costosissimi giunti per poter rendere sezionabili le bici seguendo le esigenze di una grande parte di quei ciclisti americani che usano spostarsi in aereo. Mi feci perciò creare un giunto adatto ai nostri posteriori obliqui pensando che, in quel punto, il telaio lavorava per lo più in compressione e che le residue forze di torzione, sarebbero state contrastate al meglio da quel sofisticato sistema a 14 denti con innesto frontale ed una ghiera di sicurezza. Così fu.
Sin dai primi pezzi il telaio ci sorprese perchè non dava percezione di essere diverso dagli altri. Malgrado avessimo l'eccentrico al movimento centrale (EBB), pensammo di inserire un drop out con innesto posteriore per garantire la possibilità di tendere la cinghia dal forcellino e lasciare l'EBB per tutti gli aggiustamenti di angolo e di altezza che servivano a chi avesse voluto guidare quei telai con ruote di diamentro differenziato. I maggiori vincoli di questo nuovo sistema erano legati alla necessità di avere una cinghia sufficientemente rigida da non permettere dilatazioni che compromettessero l'efficienza della bici nello scatto o mettessero in crisi il sistema di trasmissione. Le cinghie di Gates, per questo, erano perfette. Irrobustimmo, infine, la piastra del disco posteriore inserendo un'asola orizzontale di 25mm che seguiva quella del drop out. Il gioco era fatto. Attualmente il prodotto è già molto richiesto dai nostri clienti ed esce sia in versione Singlespeed che con mozzo posteriore Rohloff o Shimano (in questo caso più per una destinazione escursionistica/granfondistica che agonistica pura). Oggi su questa piattaforma stiamo sviluppando dei progetti incredibili per city bikes da vendere ad una clientela... esigente.
Per informazioni: Paduano Racing

lunedì 19 ottobre 2009

Paduano

L'effige della bomba autografata che campeggia sul tubo di sterzo era un simbolo inconfondibile per tutti gli appassionati; impossibile rimanere indenni di fronte alle creazioni che Francesco Paduano presentava curate in ogni piccolo particolare e sempre e comunque innovative. Era la metà degli anni novanta, ed accanto ai pezzi esclusivi a stelle e strisce, sfogliando le riviste il mio occhio esigente e curioso cadeva sempre su quelle Paduano... Una piccola realtà artigianale Umbra che si è distinta fino ad oggi, e che dall'epoca dell'acciaio, passando attraverso l'alluminio, è approdata oggi al materiale più prezioso e nobile: il titanio. E non solo. Orme incontra Francesco Paduano che umilmente vigila sul suo piccolo ma prezioso stand all'Eurobike. Per cadere nella rete e rimanere abbagliati a noi è bastato un attimo. Come è nostro solito, abbiamo poi bersagliato Francesco con mille domande alle quali lui gentilmente ha risposto ed è nata l'intervista che potete trovare qui.
Incredibilmente affascinante la sua Caino 29 SS, titanio e carbonio; trasmissione a cinghia e mozzo posteriore Rohloff con cambio integrato. Eccola in tutto il suo splendore.
Per informazioni: Paduano Racing

venerdì 16 ottobre 2009

Oregon Handmade Bicycle Show

(image courtesy of oregonframebuilders.org)
Chi ci legge regolarmente (c'è qualcuno che lo fa?) sa benissimo quanto lo stato dell'Oregon e più precisamente la zona di Portland sia l'epicentro di un rinascimento neoclassico dell'artigianato legato alla bicicletta. Dima, saldatore, congiunzioni saldobrasate e tutta la voglia di recuperare la passione e l'impatto degli anni in cui la bicicletta non era produzione seriale.
Sarà un'azione romantica, ma la realtà è che nel nord ovest americano da un po' di tempo ci stanno dando dentro.
Vetrina di questo vivace movimento nei prossimi giorni sarà l'evento Oregon Handmade Bicycle Show, che si terrà a Portland dal 31 ottobre al 1 novembre.
State pronti. Ne vedremo delle belle.