sabato 23 aprile 2011

La bici e la speranza (nella critica moderna).



Confesso. Sono manicheo. Ho speranza. Ma anche no.
Leggo di una polemica in corso a riguardo la costruzione di un nuovo piccolo centro commerciale in una città vicino a dove abito. La critica più ovvia è che non ha senso offrire altre opportunità di acquisto in una zona che soffre già di eccesso di offerta. Vero ma secondo me il punto è un altro. Le aree commerciali sono di norma al di fuori dei centri abitati, ne consegue che per andare a visitarli la stragrande maggioranza delle persone usi la macchina. Il risultato primo è la congestione delle città, troppe macchine in troppo poco spazio ma credo che il vero danno sia un altro. Senza persone le città muoiono. Può sembrare un sillogismo azzardato, sta di fatto che se non c'è gente che cammina per il centro città per andare a fare qualcosa - comperare il pane, spedire la posta, provare un paio di scarpe, incontrare gli amici al bar - le città perdono ragione di esistere e si limitano ad essere zone di transito per automezzi (andate negli Stati Uniti e capite di cosa parlo). Proprio quando in nord America è in corso un tentativo di europeizzazione delle città, cioè di rendere le vie cittadine un punto di aggregazione, in Italia pare stia avvenendo l'opposto. Invece di rivitalizzare i centri cittadini, si preferisce urbanizzare le periferie con conseguente deleterio fenomeno urbanistico conosciuto come sprawl. Un'estensione indefinita della città, che perde questo nome e si transforma in regione metropolitana, troppo estesa per essere percorsa a piedi o in bici e voilà, siamo un mondo macchinocentrico ed io mi trasferisco all'estero. Copenhagen, secondo il video in apertura, negli anni sessanta era soffocata dalle auto. Per rendere la città più sicura, meno inquinata e più vivibile, si è pensato di riprendere dello spazio dalle strade e di dedicarlo alle bici (street-reclaiming, per voi anglofili). In pochi anni, la bici si è trasformata nel modo più veloce ed efficiente di spostarsi da un punto all'altro della città. L'arteria principale, dove è presente un conta ciclisti elettronico, vede più di 20.000 passaggi al giorno, quasi il 40% della popolazione si sposta sulle due ruote, l'obiettivo è di arrivare al 50% entro il 2015. Questo in barba al tempo inclemente ed al fatto che non si può esibire la propria Porsche. Il video invita alla speranza. Posti macchina vengono convertiti in parcheggi coperti per cargo bike, quelle bici da trasporto che stanno diventando elemento di distinzione neo-radical-chic negli Stati Uniti ma che in Danimarca non sono usati per fare lo struscio ma per portare i figli a scuola. La velocità per le automobili in molte zone è limitata a 30 km/h e dove c'erano posti macchina adesso ci sono panchine e patio dei bar. Il che significa posti dove fermarsi a parlare ed a socializzare e portando avanti il sillogismo di sopra ma al contrario, più le persone, maggiore la vitalità (anche per i commercianti). Morale e banalizzando, la bici è più che una bici. Si sapeva che era un mezzo di trasporto, forse non sapevate che era anche un mezzo di comunicazione.

Ciao.
Marcello

4 commenti:

  1. Bell'articolo! Vero, le città in Italia, ma non solo, stanno morendo all'interno e nel frattempo continuano ad espandersi...

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  2. grazie per l'apprezzamento. ho un rapporto di odio/amore con l'Italia. è così bella ma per tanti versi siamo così indifferenti a quello che succede a questo paese.mah.

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  3. hai ragione, i centri delle città si stanno spopolando. ma è anche vero che per chi abita in provincia, i centri commerciali sono facilmente raggiungibili. per le città bisognerebbe seguire l'esempio di Copenhagen e valorizzare i centri che in italia sono stupendi.
    boic

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  4. Sono appena tornato dall'Olanda, il vero paradiso delle biciclette. Tutto il territorio, dai piccoli centri agricoli alle grandi città, è coperto da una fitta rete di piste ciclabili. Asfaltate, ghiaiate, sterrate, verniciate sul bordo delle strade o dei marciapiedi. Chi comanda è il ciclista.
    Forse è questione di mentalità della gente, di sensibilità delle amministrazioni locali nelle scelte urbanistiche.
    Per me è la speranza che questa visione si formi anche da noi.

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