mercoledì 2 dicembre 2009

Uomo o bicicletta?

Fausto Coppi su Bianchi. Eddy Merckx sull'omonimo marchio. E poi Joe Breeze su Schwinn Excelsior. Jaquie Phelan su Cunningham. Tinker Juarez su Klein Attitude. Ned Overend su Specialized. Shawn Palmer su Specialized FSR. John Tomac su Raleigh. E quanti altri. Quando uomo e bicicletta diventano icona. E narrano di epiche imprese. Ma quanto merito all'uomo e quanto alla bicicletta? O meglio, quanto prestigio all'uomo e quanto alla bicicletta?
La tanto idolatrata bicicletta è un semplice attrezzo sportivo, o invece il tramite che consacra alla leggenda l'uomo pedalatorio?
Non so se abbiate mai ragionato un attimo sulla cruda realtà che descrive l'oggetto bicicletta come un'entità priva di una propria configurazione spaziale. Non sta in piedi da sola, ma acquista senso solo quando è utilizzata dall'uomo che la pedala. Terribile. Muri per essere appoggiata, cavalletti e mille altri pochi dignitosi trucchi per conservarla in equilibrio in assenza di azione. Una riflessione alquanto bizzarra che però individua un reale e pesante difetto della bicicletta. Si, difetto. Una reale dipendenza della bicicletta all'uomo, che altrimenti cessa di esistere se non lanciata nella sua corsa ed azionata da portentosi quadricipiti. So che siamo abituati a vedere tra quei quattro tubi qualcosa di mistico e ai confini con il divino. Ma basta analizzare l'aspetto con freddo realismo ed ecco che la bicicletta diviene soltanto strumento. O certo manufatto estetico privo di vita.
Sotto l'altro aspetto l'uomo, come essere evoluto e dotato di un intelligenza superiore, dispone di possibilità di espressione sportiva illimitate e che non dipendono così da un attrezzo, e per meglio dire non creano un parallello così profondo come uomo e bicicletta. Basta pensare alla corsa a piedi che non necessita di nessun oggetto. Forse soltanto nell'arte l'uomo si fonde con un attrezzo in modo così completo, un esempio su tutti lo è il musicista con il suo strumento.
La complicità e l'unione tra uomo e bicicletta è quindi unica, e forse uno dei più alti paralleli tra oggetto e uomo nella pratica sportiva. Un icona che nell'immaginario collettivo si imprime come unione di mezzo e conduttore. Non è ricordata la tal bicicletta senza far riferimento al personaggio, e non è forte il personaggio se non legato al mezzo che portava. Un parallelo che diviene appunto icona e crea un'unica entità che depersonalizza il singolo ma è alimentata dalla forza di entrambi. La bici non ha più merito nella leggenda dell'uomo che la portava e il contrario. Giusto?

1 commento:

  1. è un buon punto di vista questo dell'interdipendenza uomo-mezzo, ma non è esclusivo della bicicletta.
    si può applicare anche ad altri sport che richiedono l'uso di un mezzo meccanico, come le moto e le auto, o al musicista e il suo strumento, sono binomi entrati nella leggenda.

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